UNA TREGUA PIENA DI SOSPETTI
DI MAIO E SALVINI CONCORDI SOLO NEL NON FAR SALTARE IL BANCO (PER ORA)
Immaginatela al ralenti, come fosse la scena madre del Divo di Paolo Sorrentino. Matteo Salvini, Giulia Bongiorno e Riccardo Molinari solcano i corridoi di Palazzo Chigi.
Sono decisi: “La riforma della prescrizione così com’è non passa”. Entrano nella sala dove ad attenderli ci sono Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede.
Un vertice atteso per quasi quarantott’ore. Che inizia nel gelo di due posizioni totalmente contrapposte.
È lì che il ministro della Funzione Pubblica, l’espertissima avvocato Bongiorno, ha tirato fuori il compromesso che aveva accennato nei giorni precedenti al collega della Giustizia: approviamo la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, ma posticipiamone l’entrata in vigore al gennaio del 2020. Contestualmente mettiamo in campo una legge delega del governo per la riforma del processo breve, da approvarsi prima di quella data.
Capra (il “basta impuniti” sbandierato dai 5 stelle) e cavoli (il calcio del barattolo enormemente più in là e l’inserimento di caveat politici voluto dalla Lega) sono salvi. Il clima si distende.
Soprattutto dopo che il Carroccio ha assicurato a Bonafede che le redini della riforma del processo penale saranno nelle sue mani.
Perchè l’idea è tutta del Carroccio. E se ne era tanto ampiamente quanto formalmente parlato nei mesi precedenti, senza mai trovare uno sbocco, in colloqui che avevano sempre fatto registrare il gelo 5 stelle.
Che l’accordicchio sia un compromesso al ribasso e anche un po’ indigesto per entrambi lo si capisce quando a metà mattina le più alte fonti di governo dei due partiti spiegano il dettaglio con due sfumature crucialmente diverse.
La Lega spiega che la riforma entrerà in vigore solo “se” il nuovo processo penale vedrà luce. I 5 stelle che lo farà a prescindere nella data individuata. Nè le prime dichiarazioni pubbliche aiutano a dirimere l’arcano.
Il punto di caduta è politico e non tecnico.
L’entrata in vigore della prescrizione è subordinata a un accordo sul processo breve, ma non ne è tecnicamente legata.
“D’altronde non sarebbe possibile farlo in una norma di legge”, spiega il sottosegretario Vittorio Ferraresi. È una vittoria a metà per entrambi.
Di Maio fa partire la grancassa del #bastaimpuniti, alla quale si accodano tutti i suoi. Ma se è vero che i due provvedimenti viaggiano su binari asimmetrici, e che la norma cara al Movimento verrà approvata prima dell’altra.
Ma si sa anche il destino che hanno avuto pressochè tutte le riforme postdatate approvate dai governi precedenti: scoppiate come una bolla di sapone.
Al vertice i due leader si sono stretti la mano: “Non c’è nessuna intenzione di rompere su questo, andiamo avanti insieme”.
Ma le due compagini continuano a guardarsi con sospetto. I 5 stelle hanno nel cassetto di Riccardo Fraccaro la legge sul conflitto d’interessi.
E stanno valutando se metterla sul piatto da qui alle prossime settimane per usarla come strumento di pressione. Il Carroccio continua a vedere il fine prescrizione mai come fumo negli occhi.
“Ora chiudiamo, non possiamo passare per chi vuole difendere i corrotti” il ragionamento fatto da Salvini ai suoi. Ma il metodo seguito dagli alleati è stato giudicato inammissibile.
E una fortissima irritazione è stata generata dai veleni fatti circolare mercoledì da qlcuni ambienti M5s: “Il segretario della Lega vuole tutelare i suoi sotto processo”.
È una tregua che non coibenta le crepe che si sono allargate negli ultimi giorni. Quando Bonafede esce da Palazzo Chigi e inizia a dichiarare sull’accordo raggiunto, a cento metri di distanza le commissioni Giustizia e Affari costituzionali sono riunite per valutare l’ammissibilità dell’allargamento della legge al tema prescrizione.
Un deputato d’opposizione accende l’audio del pc e la voce del ministro si diffonde nella sala Mappamondo. Certificando lo scavalcamento totale del Parlamento. Scoppia la bagarre, con gli onorevoli dell’opposizione che fisicamente assediano i banchi della presidente Giulia Sarti. Che forza la mano, chiama una votazione e la chiude tra le proteste veementi di Pd e Forza Italia.
Bagarre totale. Roberto Fico riceve le delegazioni dei due partiti.
L’intera Montecitorio, dopo essere stata messa in stand-by per giorni, attende la definizione di un calendario che possa rimettere ordine nei lavori.
Ma soprattutto aspetta la riformulazione dell’emendamento sulla prescrizione, pietra di scandalo del mondo politico negli ultimi giorni. Perchè solo quando l’intesa verrà messa nero su bianco, si potrà fare la conta dei feriti e dei contusi nei rispettivi schieramenti.
Perchè la nebbia è ancora fitta sul campo di battaglia.
(da “Huffingtonpost”)
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