IL QUESTORE: “COL TASER ALDOVRANDI SAREBBE VIVO”. IL PADRE DI FEDERICO: “ANDAVA USATO SU CHI LO STAVA UCCIDENDO”
L’AVVOCATO ANSELMO: “AMMETTE CHE IL DICIOTTENNE E’ MORTO DI VIOLENZA”
Se ci fosse stato il taser, Federico Aldrovandi sarebbe ancora vivo.
Lo sostiene, in un’intervista al Resto del Carlino, Antonio Sbordone, questore di Reggio Emilia, già a capo della polizia ferrarese, a proposito del caso del 18enne di Ferrara che nel 2005 morì durante un controllo di polizia.
Quattro agenti sono stati condannati per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi a tre anni e sei mesi (ma tre anni furono cancellati dall’indulto). Parole cui il padre di Federico, Lino Aldrovandi, parlando con Repubblica replica: “Mi viene da pensare che quella maledetta mattina il taser non sarebbe stato da usare su Federico, ma su chi lo stava uccidendo ‘senza una ragione'”.
Reggio Emilia è una delle città scelte per la sperimentazione del taser, la pistola elettrica.
“Io ho visto – ha detto – cosa è accaduto a Ferrara dopo il caso Aldrovandi, anche se non ero io il questore presente quell’anno. Questo ragazzo, se ci fosse stato il taser, sarebbe ancora vivo. Per fermare un giovane alto un metro e 90 agitatissimo hanno dovuto usare anche i manganelli”, insiste Sbordone.
“Federico era già a terra e chiedeva aiuto. Io so che gli hanno spezzato il cuore e che lui non li ha nemmeno toccati”, come testimoniò una donna nel processo, “e che il procuratore generale della Cassazione li definì ‘schegge impazzite in preda a delirio'”, puntualizza con dolore Lino Aldrovandi, che per mestiere indossa una divisa: è vigile urbano in tre Comuni del Ferrarese.
“Ogni volta è una ferita di sangue innocente che si riapre in tutta la sua devastante realtà . Federico quella mattina non aveva commesso alcun reato e nulla di male, non so perchè gli abbiano fatto tutto quel male, ma l’hanno fatto e lui ce l’ha raccontato con il suo cuore spezzato di 18 anni. Forse qualcuno sarebbe meglio si andasse a rileggere quanto ormai si è scritto processualmente dall’ottobre del 2007 (inizio del primo grado di giudizio) fino al giugno del 2012 (sentenza definitiva di condanna) e forse capirebbe. Di un fatto grave dove la stessa polizia indagò su sè stessa creando quasi un corto circuito”.
“Federico è morto perchè hanno continuato a pestarlo, schiacciarlo e a dargli calci nella testa quando era già stato immobilizzato e stava chiedendo aiuto. Mi dispiace che si possa giustificare uno strumento pericolosissimo come il taser con questo paragone che non ha senso”, è il grido di rabbia della madre, Patrizia Moretti. Federico un energumeno? “Era alto un metro e 75 e pesava 60 chili – ricorda la donna -, evidentemente l’ex questore di Ferrara non si è informato bene, poteva almeno leggere le carte”.
Netta anche la replica a Sbordone di Fabio Anselmo, il legale che ha accompagnato la famiglia Aldrovandi lungo i tre gradi di giudizio. “Il questore” con le parole pronunciate “ammette che Federico è morto di violenza”, un’ammissione “nuova, fatta finora solo dall’ex capo della polizia Manganelli che chiese scusa alla famiglia”.
“E’ morto di violenza, come dicono le sentenze passate in giudicato”.
“Personalmente – allarga lo sguardo Anselmo – ho molte perplessità sull’uso del taser, che ha già fatto numerose vittime. Come di ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa, come per i manganelli: esistono norme di comportamento che indicano di colpire sulle gambe, non sulla testa come accadde a Federico Aldrovandi e Gianluca Fanesi”, l’ultrà della Sambenedettese finito in coma negli scontri che avvennero il giorno della trasferta della squadra rossoblù a Vicenza.
“Inoltre”, insiste l’avvocato, “l’affermazione che Federico andasse fermato mi lascia perplesso. Le sentenze parlano”.
(da agenzie)
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