IL RICORDO DEL “GIGANTE BUONO”
L’ULTIMO MESSAGGIO ALLA MOGLIE: “MANGIA E NON TI STANCARE…”
«Alika era una persona positiva, sempre sorridente, allegra. Era bravo, bravo, bravo». Ha le lacrime agli occhi questa donna che a San Severino Marche, il paese dove viveva Ogorchukwu con la sua famiglia, conoscono tutti come Pastore Faith: è la guida della chiesa evangelica che tiene insieme la piccola comunità nigeriana. Molti di loro sono qui con lei, a stringersi attorno alla moglie di Alika, in questo sabato sera di lutto davanti all’obitorio di Civitanova.
«Con Alika e sua moglie ci conosciamo da tempo. Prima seguivano un pastore italiano ma negli utimi mesi si erano uniti alle nostre funzioni perché noi le teniamo in inglese e loro si trovavano meglio».
La moglie di Alika è accanto, ma non ha parole, soltanto dolore. Lavora per una ditta che fa le pulizie nelle stazioni ferroviarie, hanno un figlio di 8 anni nato in Italia, e con loro vive anche una ragazzina di 10, che è come un altra figlia.
«Ancora loro non lo sanno che è morto il padre, ora toccherà a noi andare a dirglielo» dice con un filo di voce Pastore Faith.
La moglie di Alika le ha raccontato l’ultimo saluto, la mattina prima andare a lavoro. «Lui si è preoccupato che non si stancasse troppo e che mangiasse, le ha raccomandato di portarsi un panino».
Poi Pastore Faith aggiunge: «Alika era una persona generosa, quel poco che aveva lo divideva con tutti. Ogni volta che discutevamo, mi ripeteva sempre la stessa frase, era il suo motto: “Quello che Dio non può fare non esiste”. Era ottimista, diceva una soluzione si trova sempre».
Un ritratto di Alika Ogorchukwu che si rispecchia nelle parole dell’avvocato Francesco Mantella, che lo conosceva da tempo.
«Avevo seguito l’iter per il rilascio del permesso di soggiorno della moglie, poi l’anno scorso l’ho assistito quando era stato investito». Era in bicicletta, un’auto lo ha travolto, è rimasto claudicante, per questo per muoversi aveva bisogno di una stampella. «Aveva ottenuto anche un risarcimento dall’assicurazione – aggiunge l’avvocato Mantella -, stava aspettando l’inizio del processo all’investitore, si sarebbe costituito parte civile». Ogorchukwu era in Italia da una decina d’anni, era sempre rimasto nella zona del Maceratese, prima a Tolentino, poi si era trasferito a San Severino, ma per lavoro andava a Civitanova.
«Era una persona mansueta – prosegue l’avvocato Mantella -. Non aveva precedenti, viveva con dignità e rettitudine. Con gli anni si erano creati con lui rapporti che andavano oltre l’aspetto professionale, che si reggono sulla solidarietà. Quando mi hanno detto che avevano ucciso a bastonate un uomo di colore con la stampella, ho temuto subito che fosse lui. Non era una persona che cercava guai, adesso gli inquirenti dovranno capire perché quell’uomo si è scagliato contro di lui con tanta violenza».
(da Il Corriere della Sera)
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