IL SOFTWARE PER LA TARES ORA E’ DA BUTTARE: SPUTTANATI 160 MILIONI PASSANDO ALLA SERVICE TAX
DALLA TARSU ALLA TARES E ORA ALLA SERVICE TAX: PASSARE DA UNA TASSA ALL’ALTRA IN TRE ANNI STA GENERANDO UN GRAN SPRECO DI DANARO
Dalla Tarsu si passa alla Tares e poi alla service tax.
E i comuni impazziscono, mentre i software acquistati per gestire queste imposte vengono buttati e il rischio di contenziosi è enorme.
In principio era la Tarsu, tassa sui rifiuti che si pagava dal 1993 con tariffa indicata dai comuni. Nel gennaio 2013 il governo Monti ha introdotto la Tares, che è sempre una tassa sui rifiuti ma anche sui servizi comunali in generale, e prevede una maggiorazione dello 0,30% che andrà non ai comuni ma allo Stato.
La Tarsu era ad aliquota fissa, la Tares ad aliquota composta da una parte fissa e una variabile a discrezione dei comuni.
La Tarsu si calcolava sui metri quadri, la Tares sui metri quadri più il numero di abitanti.
Passare da una tassa all’altra è stato un rompicapo per moltissimi comuni: si è dovuto fare ricorso a software specifici e al relativo addestramento del personale: costo medio dei software 20 mila euro a comune, più la formazione.
Se si butta il software si buttano 160 milioni almeno (20 mila per 8 mila comuni).
Con due complicazioni.
Prima, l’aliquota della Tares di spettanza dei comuni deve essere decisa entro settembre (quindi non è stata ancora stabilita in molti casi) mentre il «carico fiscale» (cioè l’ammontare) per ogni cittadino è già stato indicato a gennaio e in parte anche pagato, salvo conguaglio.
Seconda, se un cittadino ha pagato il «carico» indicato a gennaio e poi ha venduto la casa, che cosa succede?
Riavrà i soldi indietro? E in che tempi?
E anche se gli uffici dei comuni riusciranno a dipanare la matassa entro l’anno tutto sarà inutile, perchè nel frattempo la tassa sparirà in attesa della service tax.
E si dovrà ricominciare da capo.
Ma, attenzione, la service tax ingloberà anche la vecchia Imu rivisitata, ereditando tutto il pasticcio che l’imposta appena abolita si porta dietro.
Per esempio: la prima rata dell’Imu 2012 è stata pagata al 50% allo Stato e 50% al Comune, in attesa che questo fissasse la propria aliquota per il saldo.
Ma i cittadini spesso non lo hanno capito, e hanno continuato a dividere a metà l’imposta tra stato e ente locale anche per la seconda rata.
Ora i comuni richiedono allo Stato la «compensazione».
Ma arriverà mai? Tanto più che anche l’Imu, come la Tares, è passata in cavalleria prima ancora di decollare.
Raffaello Masci
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