IMAN UCCISO A NEW YORK, LA POLIZIA: “E’ REATO DI ODIO”
I MUSULMANI: “ABBIAMO PAURA”… LE CONSEGUENZE DELLA CAMPAGNA DI ODIO DI TRUMP DA’ I SUOI FRUTTI
Paura e rabbia si diffondono nelle comunità musulmane d’America dopo l’assassinio di un imam del suo assistente all’uscita da una moschea, ieri a New York.
La polizia, che inizialmente aveva parlato di rapina, ha cambiato rotta, anche se non ha ancora confermato ufficialmente che si è trattato di un hate crime, un crimine d’odio per motivi etnici o religiosi.
Ma i due avevano addosso più di mille dollari in contanti che il killer – un uomo di pelle olivastra con una maglia blu che ha agito da solo – non ha preso.
Cinque colpi di pistola in un tranquillo sabato pomeriggio di caldo opprimente nel Queens. Un imam reduce dalla preghiera nella moschea Al-Furqan Jame Masjid di Glenmore Avenue viene assassinato all’incrocio tra Liberty Avenue e la 79esima strada, a un isolato dalla fermata della linea A della metropolitana.
Il 55enne Maulama Uddin Akongjee, arrivato due anni fa dal Bangladesh, muore all’istante, colpito alla testa. Il suo assistente Thara Uddin, 60 anni, muore qualche ora dopo all’Elmhurst Hospital.
L’esecuzione
L’esecuzione, improvvisa e senza precedenti, è stata condotta da un solo uomo che, secondo alcuni testimoni (ma pare ci siano anche riprese delle telecamere di sorveglianza), è arrivato alle loro spalle, armato con una pistola di grosse dimensioni. Il quartiere è sconvolto: centinaia di residenti musulmani sono subito scesi in strada per chiedere giustizia.
La polizia, a caldo, aveva escluso l’ipotesi di “hate crime”, preferendo parlare di rapina. Ma poi, col passare delle ore, la pista dell’atto di terrorismo si è rafforzata: Maulama Akongjee è stato dipinto da tutti come un uomo tranquillo, senza nemici, ascoltato e rispettato nel quartiere.
Rabbia e paura
La folla di musulmani che si raduna sul luogo dell’omicidio – il quartiere è abitato soprattutto da immigrati del Bangladesh, ma ci sono anche pachistani e indiani induisti – ha subito denunciato il crimine come il risultato dell’”islamofobia” che si sta diffondendo in America e ha accusato Donald Trump per averla istigata con la sua retorica incendiaria.
Ma, mentre alcuni leader religiosi hanno chiesto giustizia invitando al tempo stesso alla calma, altri hanno inveito anche contro il sindaco DeBlasio: «Dov’è? Perchè non è qui? Deve proteggerci. Paghiamo le tasse, abbiamo diritto ad essere protetti». Rabbia ma anche tanta paura: se la sono presa con loro due, dicono, perchè indossavano abiti religiosi.
Altri notano, sconsolati, che il quartiere, la zona di Queens attorno ad Ozone Park, non sarà più lo stesso.
Era stato, fin qui, un luogo di convivenza pacifica tra gente di varie etnie e varie fedi religiose: «Qui si è sempre vissuto in pace: musulmani e induisti. Non ci sono mai stati scontri significativi».
Un incantesimo finito? E’ presto per dirlo: la polizia valuta varie ipotesi.
Islamofobia crescente
A Ozone Park gli episodi di violenza non sono rari, l’ultimo omicidio davanti al parco risale al 15 luglio.
Ma i residenti parlano di episodi isolati mentre fino a ieri nessun aveva paura di professare la sua religione. Ora, dicono i musulmani, «abbiamo paura per le nostre famiglie, per i nostri figli, per noi stessi».
La pista dell’islamofobia prende sempre più corpo in un Paese che nell’ultimo anno, secondo i dati dell’FBI, ha registrato 12 sospetti crimini contro i musulmani ogni mese. Quest’anno si era registrata un’accelerazione, ma non fino al punto di arrivare a omicidi mirati.
(da “il Corriere della Sera”)
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