INCREDIBILE: IN 24 ORE SONO SPARITI TUTTI I PUTINIANI D’ITALIA
SALVINI NEL 2016 ARRIVÒ A DIRE CHE L’ITALIA DOVEVA USCIRE DALLA NATO E SMETTERE DI PENSARE CHE PUTIN SIA “UNO CHE PUÒ INVADERE UN PAESE DA UN GIORNO ALL’ALTRO” … IERI IL “CAPITONE” È CORSO ALL’AMBASCIATA UCRAINA A PORTARE UN MAZZO DI FIORI E FARSI IL SEGNO DELLA CROCE … DA CONTE A MELONI, DAL GRILLINO DI STEFANO AL GRANDE AMICO BERLUSCONI, I “CONVERTITI” DELL’ULTIMA ORA SONO TANTI
La conversione di Matteo Salvini avviene di buon mattino, alla notizia dell’invasione russa dell’Ucraina. Giuseppe Conte segue a ruota, il tempo di prendere il caffè. E se Silvio Berlusconi – che ha trascorso giorni e settimane dal 2001 tra Villa Certosa e la dacia di Sochi assieme a Vladimir Putin – tace fragorosamente, Giorgia Meloni conferma una volta per tutte la sua scelta di campo atlantista, anche se meno di un anno fa metteva a verbale: «Putin difende i valori europei».
E’ un risveglio ruvido, brusco e amaro quello dei filo-russi d’Italia.
Vedere l’amico di Mosca stracciare il diritto internazionale e invadere l’Ucraina con carri armati, jet, truppe d’assalto, di colpo ribalta antiche certezze.
Come quelle di Salvini che nel 2015, indossando una t-shirt con stampata la faccia del presidente russo, twittava: «Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin».
Oppure quelle di Conte che nel 2018, agli albori dell’era giallo-verde, nel contratto di governo mise nero su bianco assieme a Luigi Di Maio e a Salvini «l’impegno a rivedere le sanzioni contro la Russia». Per poi dichiarare: «Quelle misure rattristano l’Italia». Acqua passata.
Un feeling sbriciolato (per il momento) dalle bombe russe sull’Ucraina. Il primo a svegliarsi, si diceva, è Salvini.
Ancora il giorno prima il leader leghista si era scagliato contro le sanzioni anti-Putin, ma ora corre a «condannare con fermezza ogni aggressione militare». Un po’ poco. Quelli del Pd se ne accorgono. «Basta ambiguità», tuona Enrico Letta.
Così Salvini ci riprova minacciando di emulare Jan Palach: «E’ la Russia che sgancia i missili, sono loro a essere in torto. E la mia condanna è ferma, senza se e senza ma. Il Pd dice che devo fare di più? Mi dovrò dare fuoco sulla pubblica piazza».
E pur senza parlare di sanzioni, il leghista dichiara: «Bisogna tornare alla pace, costi quel che costi». Letta apprezza. Tanto più che il leghista si presenta, a sera, all’ambasciata ucraina con un mazzo di tulipani bianchi «in segno di solidarietà». Segue segno della croce e breve preghiera davanti alla targa in ottone della sede diplomatica, neanche fosse un’edicola della Madonna.
Poi arriva l’abiura di Conte. Il leader 5Stelle stigmatizza «con fermezza» l’attacco «ingiustificato» dell’Ucraina. E chiede «una risposta ferma, coesa, unitaria dell’Unione europea». Non poco per chi, quattro anni fa, si rattristava per le sanzioni anti-Putin. In più Conte chiama l’ambasciatore ucraino e tutti i leader di partito: «Le forze politiche devono unirsi contro l’aggressione».
Peccato che in una lunga nota dei parlamentari 5Stelle delle commissioni Esteri e Difesa si descriva il disastro provocato «dall’aggressione militare russa», le conseguenze «sull’Europa», ma non si faccia alcun accenno alle misure contro Mosca. Ancora più in imbarazzo l’ex grillino Alessandro Di Battista, che Conte ha ricominciato a frequentare. Il Che Guevara dei poveri, cultore a oltranza di posizioni terziste, cade dal pero: «Non mi aspettavo minimamente la guerra in Ucraina.
L’ho scritto: dubito fortemente che a Putin possa interessare una guerra. Evidentemente così non è stato». Già.
Più facile (ma più costoso) per Matteo Renzi prendere le distanze da Mosca. Prima definisce «inaccettabile l’assurda guerra». Poi, e questa è la sostanza, si dimette dal board della società di car-sharing russa Delimobil.
Come è facile per la Meloni, da oggi negli States per un convegno del partito repubblicano, mettere alle spalle ogni simpatia per Putin: «E’ il tempo delle scelte di campo. L’Occidente sia unito nel sostenere Kiev».
Rumoroso, invece, il silenzio di Berlusconi. Tanto rumoroso da spingere il deputato forzista Elio Vito a invocare «parole nette di condanna» da parte del Cavaliere, in quanto «non ha mai nascosto la sua amicizia con Putin». Invito che Berlusconi, memore delle festose giornate in dacia con il presidente russo, non accoglie.
Si limita a far sapere ai suoi di condannare l’attacco e di mettere le sue «relazioni internazionali al servizio della pace». Ma non rilascia alcuna dichiarazione ufficiale. In più fa filtrare di essere «preoccupato» dei rischi che va incontro anche la Russia.
(da “il Messaggero”)
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