INTERVISTA A MASSIMO LUCIANI, COSTITUZIONALISTA: “PERICOLOSO AFFIDARSI ALLA CORTE COSTITUZIONALE, MANCANO CRITERI CHIARI”
L’IPOTESI DI AFFIDARE ALLA CONSULTA LA DECISIONE SULL’IMMUNITA’ DI UN PARLAMENTARE
Immunità alla Consulta?
«No, se non a condizioni molto precise». Massimo Luciani, costituzionalista della Sapienza, semina dubbi molto forti sull’ipotesi di affidare alla Corte la “patata bollente” dell’immunita’.
Perchè è così perplesso?
«Già ora la Corte ha l’ultima parola sull’insindacabilità dei parlamentari. Ma questa dev’essere sollecitata dal ricorso del giudice che non è convinto della decisione delle Camere. Ed è guidata da precisi parametri costituzionali, perchè l’articolo 68 dice che le opinioni insindacabili sono quelle nell’esercizio delle funzioni e la Corte controlla proprio questo».
Ma i relatori andrebbero verso una Corte che decide sulle richieste del giudice dopo l’istruttoria delle Camere
«Vedo due serie difficoltà . Mentre la Costituzione chiarisce quali sono i presupposti dell’insindacabilità , su quelli del diniego di autorizzazione arresti o intercettazioni si limita a sottintendere l’intento persecutorio. Un po’ poco. E non basta: queste sono garanzie dell’indipendenza del Parlamento e su di esse è il Parlamento che deve pronunciarsi. Non mi sembra il caso che la Corte lo faccia direttamente ».
La Consulta può o non può decidere la sorte giudiziaria di un deputato o senatore?
«Ripeto, si tratta di garanzie importanti e, se si vuole cambiare la situazione, si deve limitare l’intervento della Corte alla sanzione degli abusi: si dovrebbe precisare in Costituzione quando c’è l’abuso e far intervenire la Corte solo a posteriori»
Lei boccia d’un colpo l’intervento diretto?
«Effettivamente non mi convince. Ma prima di parlare di bocciatura, sarebbe bene vedere come lo si concepisce».
L’ipotesi è chiara, istruttoria delle Camere, relazione alla Corte, che decide in una sua sezione speciale
«Se fosse solo questo, le condizioni di cui parlavo non mi sembrerebbero soddisfatte. Meglio allora lasciare tutto com’è o intervenire solo sull’autorizzazione alle intercettazioni. Ma meglio ancora sarebbe se la politica prendesse atto dell’assoluta necessità di usare le tutele costituzionali di cui gode per quello che sono: garanzie dell’istituzione e non privilegi personali. Se lo avesse sempre fatto, il problema non si sarebbe posto».
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply