INTERVISTA A PAOLO VILLAGGIO: “GLI ITALIANI DI OGGI SONO MESSI PEGGIO DEL MIO FANTOZZI”
“DALLA VITA HO AVUTO PIU’ DI QUANTO LA MIA PIGRIZIA MI PERMETTESSE”
Sua figlia Elisabetta su Facebook ha scritto: “Non starà al meglio, certo. Ma il cinema italiano l’ha abbandonato”. Lui, invece, nella posizione della vittima non si sente troppo a suo agio: “Penso di avere avuto dalla vita più quanto la mia pigrizia mi permettesse”.
Paolo Villaggio ha 84 anni, una carriera che si è depositata nell’immaginario collettivo italiano — trasformandolo in una maschera del carattere nazionale — e un elenco di prodezze da ricordare: “La voce della luna” con Federico Fellini, le canzoni con De Andrè (“Un amico e un poeta unico”), lo stupore invidioso che corrucciò il volto di Alberto Moravia quando alla Fondazione Cini il poeta russo EvtuÅ¡enko prese la parola e disse che c’era un autore italiano che gli ricordava Gogol’ e ÄŒechov. Era lui. “Mi guardarono tutti male”.
Il libro a cui si riferiva era “Fantozzi”, che già prima di diventare film aveva venduto un milione di copie, e che oggi si è trasformato in audio libro edito da Volume Audiobooks: “L’idea di leggerlo e interpretarlo a quarantasei anni di distanza dalla prima uscita è venuta a due giovani: Daniele Liburdi e Massimo Mescia. Io, con la mia naturale voracità , mi sono lasciato coinvolgere con entusiasmo”.
Che cosa ha trovato di nuovo?
Quando scrissi il primo Fantozzi, l’Europa intera si trovava in una condizione totalmente diversa. Il ceto medio sperava nella felicità che poteva donargli il socialismo. Oggi, invece, è ripiegato su stesso. Nessuno pensa più di migliorare il proprio tenore di vita. L’esistente è accettato in una noiosa condizione di attesa.
C’è stata in mezzo una crisi.
Ma la piccola borghesia non solo è precaria, forse è anche infelice.
Nemmeno Fantozzi era un uomo soddisfatto.
All’inizio la gente mi fermava per strada e mi confessava che gli ricordava un parente o un vicino di casa. Le persone lo guardavano e si sentivano migliori. Non erano spinte a rovesciare la propria condizione. Forse, allora esercitava una funzione consolatoria.
E oggi?
Oggi no, oggi stanno peggio di lui. In fondo si può dire che Fantozzi sia piuttosto un conservatore, volendo essere pignoli: un reazionario.
E per chi voterebbe tra i reazionari oggi a disposizione: Donald Trump, Marine Le Pen, Matteo Salvini?
Per nessuno dei tre. Fantozzi voterebbe per Balabam, il suo mega direttore galattico.
Spesso lei viene associato a Fantozzi, anche se ha fatto molto altro: ha mai odiato quel personaggio?
Come potrei: gli devo tutto. Fantozzi è la maschera per la quale sarò ricordato anche dopo la morte.
L’hanno paragonata a quella di Totò.
Quella di Totò è la comicità più straordinaria che il cinema italiano abbia espresso, ma dubito che la critica l’avrebbe compresa se non avesse lavorato con autori come Pier Paolo Pasolini, Mario Monicelli, Alberto Lattuada.
Anche lei è stato accolto nel mondo del cinema d’autore da Federico Fellini.
Lavorai per lui insieme a Roberto Benigni, che ha avuto un successo mondiale da me invidiato mostruosamente. Poi, però, l’ho accettato con rassegnazione totale.
E Beppe Grillo?
Condividiamo il mestiere e la città di nascita: Genova. Devo ammettere, però, che negli ultimi anni l’ho guardato da lontano diventare un protagonista della politica italiana e ho invidiato anche lui.
Avrebbe voluto fare ciò che ha fatto?
Da ragazzo, mio padre voleva che diventassi ingegnere. Eppure, quando cominciai a muovere i primi passi nel teatro, in famiglia non venni ostacolato. Sin da piccolo ero programmato per quello che ho fatto, che è esattamente ciò che avrei voluto fare.
E lei che padre è stato? Suo figlio, in un libro autobiografico, ha scritto che è stato un padre “assente”.
Semmai, il problema è che sono stato un padre troppo presente. Direi quasi: incombente.
Una volta disse che i politici sono la nostra proiezione. Se guarda quelli di oggi, che paese vede?
Un paese triste.
Cosa non ha avuto dalla vita?
Un corpo diverso. Il mio aspetto è sempre stato insignificante. Mi ha impedito di avere il successo con le donne che avrei voluto avere.
(da “Huffingtonpost“)
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