“IO, MUSULMANO IN LOTTA PER I DIRITTI DEI GAY”
E’ ATTIVISTA DI AMNESTY: “ALLAH NON VUOLE DIFFERENZE”
In piazza, a Milano, c’era anche Wajahat Abbas Kazmi. 30 anni, sceneggiatore, attivista di Amnesty, da 10 vive a Bergamo, ma è cresciuto in Pakistan. Ed è musulmano. Suona strano? Non per lui, che ha lanciato una campagna mondiale per rompere pregiudizi e tabù sull’Islam e l’omosessualità , con un hasthtag su sfondo arcobaleno: “Allah loves equality”.
Allah ama l’uguaglianza. Ma le comunità islamiche hanno aderito al Family Day.
«Dopo gli attentati di Parigi sono stato molto contento nel vedere i musulmani scendere in piazza al grido di “Not in my name”, per difendere l’Islam e contro il terrorismo. Ma subito ho realizzato che nessuno invece parla mai dei diritti Lgbt tra gli islamici. Ho pensato ai tanti amici, gay, lesbiche e transgender, che in Pakistan vivono di nascosto, come se non esistessero. Li ho contattati per la mia campagna, ma nessuno ha voluto metterci la faccia. Li capisco. Io vivo qui, loro lì e rischiano la vita. Così l’ho fatto io, a nome di tutti, al massimo verranno a uccidere me».
Ma lei è gay?
«Preferirei non rispondere, e sa perchè? Perchè penso non si debba essere omosessuali per parlare a favore dei diritti dei gay. Basta essere umani. E senza le unioni civili l’Italia dimostrerebbe di non avere umanità , sarebbe come il Pakistan».
In Pakistan è prevista la pena di morte per i gay, come in altri otto Paesi islamici. Qui no.
«E’ vero. La gente omosessuale in Pakistan vive nell’assoluta discriminazione ogni giorno, ma anche in Italia le discriminazioni si fanno sentire».
Ha ricevuto minacce?
«Tante. Ma anche tanti incoraggiamenti da gay musulmani in giro per il mondo».
Come vive un gay in Pakistan?
«Si costruisce una falsa identità . I gay si sposano con le donne per copertura, le lesbiche con gli uomini. Invece i transgender vivono proprio senza identità . Non hanno nemmeno i documenti, vengono picchiati, insultati nei posti pubblici. Noi li chiamiamo hijra. I genitori non li mandano a scuola e sia in India sia in Pakistan vengono usati per ballare nei matrimoni. Il motivo principale di quest’atteggiamento è che la popolazione musulmana pensa che le relazioni omosessuali siano vietate dalla religione».
In effetti la maggior parte delle interpretazioni delle sure e la sharia, la legge islamica, proibiscono i rapporti omosessuali, perchè li considerano atti contro Dio.
«Dio è la luce del sole che illumina ugualmente uomini e donne. Siamo noi a creare le differenze. Nel Corano si parla di transgender o bisex? Non mi pare. Da secoli ognuno lo traduce adattandolo ai propri bisogni. Ma nel libro sacro c’è scritto chiaramente: “Nessun essere umano deve essere assoggettato da un altro essere umano”. Allah ama l’uguaglianza».
Ricorda una condanna a morte per omosessualità in Pakistan?
«In Pakistan no, ma sono certo che se vai da un imam e gli dici che sei gay, ti uccidono. Ricordo invece esecuzioni in Iran. Laggiù ti permettono di scegliere: di diventare una donna, se sei passivo, di sposarti, se invece sei attivo. Democratici, eh?».
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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