LA DESTRA FUORI DI “MELONI”: PER FARSI STRADA, ORA VA DI MODA IL “PATTO GENERAZIONALE”
ANCHE GIORGIA MELONI APRE A UNA COLLABORAZIONE CON RENZI: “LA NOSTRA E’ UNA GENERAZIONE POST-IDEOLOGICA”…”RENZI DICE COSE INTERESSANTI”: QUALI NON CI E’ DATO SAPERLO
Se Matteo Renzi diventasse premier – come viene sempre più insistentemente ipotizzato -, una collaborazione quantomeno «anomala» potrebbe essergli garantita anche da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e già alla guida dei giovani di An e del Pdl.
È stata lei stessa, ministro del governo Berlusconi, a spiegarlo ai microfoni di Pierluigi Diaco a «Onorevole Dj», su Rtl102.5.
«Se fosse eletto come esponente di una maggioranza di centro-sinistra presumibilmente non parteciperei al suo governo, perchè io sono una persona di centro-destra – precisa l’esponente ex An – ma questo non vuol dire ciò che abbiamo visto fino ad oggi in politica. Secondo me quello che può fare di diverso una nuova generazione è anche saper dialogare in un altro modo. Non siamo più la generazione ideologica o post ideologica del “ti devo odiare se la pensi in maniera diversa da me perchè sei un mostro”, noi possiamo essere quella generazione che, pur rappresentando visioni diverse del mondo, poi cerca comunque un terreno sul quale mettere gli interessi del popolo italiano prima del bisogno di dividersi per lucrare consenso».
E ancora: «Non potrei mai andare al governo con lui, ma potrei fare un patto generazionale con lui».
«SCELTA CORAGGIOSA»
Nell’intervista, andata in onda in mattinata, Giorgia Meloni sottolinea che «proporre Renzi premier sarebbe una scelta molto coraggiosa per la direzione del Pd, perchè sappiamo che Matteo Renzi all’interno del Pd è molto amato ma anche abbastanza osteggiato per il suo coraggio, perchè è una persona abituata a dire quello che pensa. Sicuramente sarebbe un bel segnale da parte del centro-sinistra raccogliere quella domanda di rinnovamento, di ricambio, che arriva dagli italiani e che la politica stenta a raccogliere”.
«DIMOSTRIAMO DI ESSERE MIGLIORI»
«Io credo che noi siamo in un tempo nel quale la nostra generazione deve dimostrare che è meglio delle precedenti – dice ancora l’ex ministro -. Può essere migliore delle precedenti nella sua capacità di parlare, di dialogare, di trovare un terreno comune di soluzioni ai problemi su cui la gente si aspetta un impegno comune. Noi non abbiamo il problema che hanno avuto le passate generazioni che, se stavi dall’altra parte della barricata, dovevi essere un mostro. Per me Matteo Renzi non è un mostro: è una persona che dice cose interessanti che, in alcuni casi condivido, in altri no. Ma su alcune cose che dice Renzi sono pronta a collaborare».
Il commento del nostro direttore
Un caro amico, commentando tempo fa un intervento pubblico di un notabile di partito, un giorno mi disse: “Non ha detto nulla, ma l’ha detto bene”.
L’eloquio facile è una dote che in politica ha sempre pagato, come quello di cambiare discorso a secondo della platea che ti trovi davanti: dichiararsi liberisti di fronte agli imprenditori, per lo Stato sociale di fronte agli operai, sensibili alla terza età dinanzi ai pensionati, rockettari se parli ai giovani.
Chi la chiama “diversificazione programmatica”, chi presa per fondelli, ma il prodotto non cambia: sempre un Matteo Renzi ti ritrovi davanti.
Che si faccia ritrarre in bici o con la De Filippi, ammiccante o con la bocca aperta da ebete, scattante o sornione, versione sindaco o premier, rimane sempre un omogeneizzato scremato: nato dal nulla e che rappresenta il nulla ( e pure pessimo amministratore, vista la condanna della Corte dei Conti).
Apparterrà anche alla “generazione post-ideologica” come ricorda (e nella quale si identifica) la Meloni, ma non è necessaria tale nobilitazione di termini per definire quelli che una volta si chiamavano semplicementi “fighetti”.
Renzi viene dai giovani Dc, è entrato per caso nel Pd (causa fusione coi popolari), è stato eletto per caso sindaco di Firenze (scelta di ripiego dopo solite lite tra maggiorenti) e ha una caratteristica che ha ben ricordato Marini: ha un’ambizione sfrenata.
Ha cavalcato meglio della Meloni il tema “rottamazione” e “ricambio generazionale”, ha curato solo la sua immagine di “piacione” rincorrendo ogni telecamera, ha sparato a zero sulla “croce rossa” cui le correnti hanno ridotto il Pd, adottando in parte i metodi di comunicazione del leader del Pdl.
Ma almeno Berlusconi qualche proposta concreta (giusta o sbagliata che sia) ogni tanto la fa, Renzi è lo Zanichelli della banalità , del vuoto a rendere, dei luoghi comuni.
Al netto della bandiera del “fatevi da parte, io sono giovane”, non c’è un concetto o una sua proposta che gli italiani abbiano memorizzato, solo riciclaggio di concetti altrui e spesso poco di sinistra.
Non credo sia rilevante che uno “dica quello che pensa” (come cita la Meloni) se quello che dice sono cazzate.
Tanto che la stessa Meloni non ricorda quali idee di Renzi sarebbero “interessanti”.
Forse la “sorella d’Italia” dovrebbe più pensare a “innovare” all’interno del suo gruppo d’appoggio a Silvio: capisco che sia passata (come da tempo anche per Alemanno) la fase della “destra identitaria” dei convegni estivi, ma una destra moderna forse dovrebbe cercare di non affettare mortadelle in piazza Montecitorio o fare da ruota (sgonfia) di scorta altrui.
Mai sentito parlare di visione del mondo e di idee da contrapporre al vuoto pneumatico della sinistra?
O preferiamo “giovani per età anagrafica” ma senza idee a “cervelli pensanti senza confini generazionali”?
Che una destra si riduca a coccolare un bamboccione non è un destino: è solo ammettere la propria sconfitta.
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