LA FRANCIA ATTRAVERSA I CONFINI DELL’IDEOLOGIA: LA “CONSERVAZIONE PROGRESSISTA” E’ IL NUOVO BLOCCO SOCIALE TRASVERSALE
LA FRANCIA STUPISCE IL MONDO SCONFIGGENDO POPULISTI E XENOFOBI… IL DNA DI IN PAESE FATTO DI RIVOLUZIONI E CONSERVAZIONE, DI MONARCHI E BARRICATE, DI MOMENTI MAGICI IN CUI IL POPOLO S’INCONTRA CON UN UOMO, DA BONAPARTE A DE GAULLE
Se l’elezione di Emmanuel Macron all’Eliseo era imprevedibile fino a qualche mese fa, sorprenderà meno il successo del «macronismo» stasera: una probabile ampia maggioranza all’Assemblea che darà al neopresidente la forza per mettere in pratica il progetto riformista e, al tempo stesso, sottrarrà ogni alibi per giravolte al ribasso.
Il risultato delle legislative è la logica conseguenza del velocissimo cambiamento di sensibilità politiche e aspirazioni collettive che ha attraversato la Francia nell’ultimo anno, in controtendenza rispetto al vento populista che soffiava in Europa.
Questo cambiamento si specchia nella figura di Macron e si concretizza in un nuovo blocco sociale, trasversale ai partiti e ai confini ideologici fra destra e sinistra.
La rappresentazione vittoriosa del «macronismo» è la «conservazione progressista», un ossimoro che tiene insieme gaullisti popolari e sinistra riformista, establishment e start up, intellettuali e donne (finalmente a rappresentanza paritaria), giovani diplomati e «bobos».
Torna l’ottimismo in economia, si allontanano gli incubi – a dimostrazione che la psicologia sociale spinge la politica – e si concede carta bianca al nuovo esecutivo – con premier gaullista, all’insegna dell’unità nazionale – su problematiche che in altre stagioni avrebbero visto la gente in piazza (per il jobs act alla francese) e sventolii di bandiere dei diritti (per le draconiane misure anti terrorismo).
Fuori dal nuovo blocco rimane, simbolicamente e fisicamente, il popolo di campagne e periferie, la Francia delusa e arrabbiata, che ha voltato le spalle alla sinistra e non crede più nemmeno a Marine Le Pen.
E fuori è lo «zoccolo duro» della destra, i Rèpublicains, che rischia di perdere ancora pezzi perchè in tanti, come gli ex premier Juppè e Raffarin, sono considerati «macroncompatibili», oltre alla specie mai estinta dei saltatori sul carro del vincitore.
La Francia dunque, come altre volte nella Storia, dimostra capacità di sorprendere, di cambiare all’improvviso la traiettoria del proprio destino, quando gli osservatori e molti francesi sembravano convinti del contrario.
È un percorso a scatti che si può spiegare con il Dna di un Paese che è fatto di rivoluzioni e conservazione, di monarchi e imperatori che si alternano alle barricate, di momenti magici in cui il popolo s’incontra con un uomo – da Bonaparte a de Gaulle, per citare i più eclatanti.
È un percorso a scatti che, dal dopoguerra, poggia sulla solida base neutrale di alti funzionari – gli «enarchi», usciti dalle grandi scuole dell’amministrazione – spesso all’altezza del compito che il nuovo potere gli impone, con spirito di servizio e consapevolezza dei privilegi (grandi ma non ostentati).
Anche la rivoluzione di Macron non sarebbe tuttavia possibile senza un sistema elettorale maggioritario che addirittura ne esalta la dinamica e le dimensioni.
Basterà studiare la carta dei collegi uninominali per constatare come i candidati di En Marche – molti dei quali giovani, espressione della società civile, mai prima d’ora impegnati in politica – saranno premiati innanzi tutto dalle regole di voto oltre che dal consenso.
(da “il Corriere della Sera”)
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