LA MELONI MANDA AVANTI DONZELLI: “VIA LA FIAMMA DAL SIMBOLO DI FDI”
E’ L’UNICA COSA GIUSTA CHE HA DETTO: FDI E’ UN PARTITO REAZIONARIO CHE NON HA NULLA A CHE FARE CON IL MSI… SE VUOI CAMBIARE LINEA DEVI AVERE IL CORAGGIO DI CAMBIARE ELETTORATO E RISCHIARE QUALCHE POLTRONA
«Via la Fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia».
A dirlo è Giovanni Donzelli, membro dell’esecutivo nazionale del partito guidato da Giorgia Meloni.
E della leader amico da anni, facendo parte a pieno titolo di quella «generazione Atreju», tanto da far pensare che sia stata lei a mandarlo in avanscoperta per “vedere l’effetto che fa”.
Donzelli ha affidato i suoi pensieri a un lungo post sul suo blog.
«L’ex centrodestra non esiste più – esordisce – e credo che per noi di Fratelli d’Italia sia il momento di iniziare a immaginare una nuova fase, dobbiamo ridisegnare i nostri confini”
Fin qui come scoprire l’acqua calda.
Per farlo, aggiunge, «è necessario abbattere qualche totem e superare qualche resistenza mentale».
È qui che arriva il punto che, probabilmente, nel partito farà molto discutere: «Personalmente credo sia arrivato il momento di consegnare definitivamente alla storia l’esperienza di Alleanza Nazionale. È ormai un feticcio che ci distrae dall’immaginare il futuro. Anche graficamente credo sia utile immaginare un logo senza richiami al passato. Fratelli d’Italia deve e può parlare a tutti gli Italiani. Non solo a chi votava AN».
Un’operazione di immagine, insomma.
La nuova linea politica quale sarebbe?
E qui siamo nel solito generico: «La destra deve ovviamente essere vicina agli ultimi, ma deve anche essere punto di riferimento per chi con capacità , sacrifici e ingegno sta tenendo in piedi l’Italia. C’è un mondo di liberi professionisti che nessuna forza politica considera più”.
A parte che vorremmo sapere da Donzelli quali sarebbero “gli ultimi” che starebbero a cuore a Fdi, visto che vota sistematicamente per negare diritti e mai per riconoscerli, in ogni caso quel mondo di partite Iva, autonomi e professionisti in realtà è già coperto dal Pd renziano, dai Cinquestelle e in parte da Forza Italia.
Altra cosa sarebbe se ci si rivolgesse a quei milioni di italiani sotto la soglia di povertà , al di là delle suddivisioni fuorvianti di categorie professionali.
Ma veniamo a un altro distinguo di Donzelli: “la destra guarda ovviamente con disprezzo a chi si inginocchia alla Merkel, ma non può nemmeno cadere nell’errore di sostituire la sudditanza psicologica con la Merkel con una sudditanza parallela con Marine Le Pen, non vogliamo sostituire strapotere a strapotere. Sono certo che una Europa a trazione francese non potrebbe fare molto di più rispetto ad adesso per gli interessi delle aziende italiane. Senza pensare ad esempio alle tematiche etiche. Sulla difesa della famiglia tradizionale forse Marine Le Pen è più vicina a Nichi Vendola che ai miei valori».
Il problema di Donzelli è il non avere una formazione “europea”, fenomeno tipico della destra post-missina, confondendo la difesa degli interessi nazionali da negoziare con una “Europa delle patrie” con una mera visione nazionalistica ottocentesca che è la negazione dell’Europa sognata da molti pensatori di destra.
Fino a criticare uno dei pochi aspetti positivi di Marine Le Pen, la concezione laica dello Stato e il riconoscimento dei diritti civili, temi sui quali Fdi è rimasto ancorato alla destra di Bava Beccaris, a quella destra becera di latifondisti, per capirci, che Mussolini spazzò via con il suo programma sociale.
Ci saremmo aspettati un forte richiamo alla “legalità ” come tema fondante della destra (magari con richiesta di espulsioni immediate di personaggi sotto processo anche in Fdi), al “merito” come prassi di excursus politico, con presa di distanze da correnti interne e “cordate locali” presenti nel partito, alla “solidarietà sociale” verso chi fugge dagli orrori delle guerre, tema “sensibile” per chi ha ancora un animo non contaminato dal cinismo mercantilistico.
Ma per farlo occorrerebbe coraggio, quello di cambiare in parte elettorato, riuscendo a parlare e a dialogare anche con “gli altri”.
Ultimamente il partito della Meloni ha sottoposto a militanti e iscritti diversi «sondaggi» via mail e il quadro che ne emerge è tragico: i simpatizzanti si sarebbero espressi per un asse sempre più forte con la Lega, conservando le proprie specificità (tradotto: sì al listone comune che permette di mantenere le poltrone, no al partito unico, così si può continaure a fare carriera interna accodandosi al ras locale di turno).
E sul simbolo la maggioranza dei militanti si sarebbe detta pronta ad archiviare la stagione di An ma è restia a cancellare la Fiamma che ricorda il sempre rimpianto a parole Movimento Sociale che peraltro, non essendo stato un partito reazionario, nulla ha a che vedere con Fdi, altrimenti si sarebbe chiamato Movimento Asociale Italiano.
Tutti temi da congresso, insomma.
E qui arriva la ciliegina sulla torta.
Donzelli annuncia che si potrebbe tenere entro la fine del 2016 per inaugurare “una fase costituente il più aperta possibile”.
Aperta a chi? “A chi si è schierato con la Meloni, alle liste fiancheggiatrici e a chi ha aderito al progetto “Terra Nostra” della Meloni”.
Insomma ai parenti stretti d’Italia.
E questa sarebbe la svolta?
Dimenticavamo: chiacchiere a parte, nessuna presa di distanza da Salvini, nonostante i titoli sui giornali.
L’unione fa la farsa: avanti con la prossima sceneggiata.
E occhio a Parisi: in questo bailamme è meno sprovveduto di tanti urlatori.
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