LA NOMINA DI LUIGI DI MAIO È UNO SGANASSONE AL GOVERNO: L’ITALIA NON L’HA PROPOSTO, NÉ LO VUOLE COME INVIATO SPECIALE DELL’UE PER IL GOLFO PERSICO: MA CON L’OK SCONTATO DI SPAGNA, FRANCIA E GERMANIA, NON SERVIRÀ IL VIA LIBERA DI ROMA
TRADOTTO: A BRUXELLES SE NE FREGANO DELL’OPINIONE DELLA MELONI E DI SALVINI… IL LAVORÌO DI DRAGHI, CHE L’HA PROPOSTO QUANDO ANCORA ERA IL “SUO” MINISTRO DEGLI ESTERI
La nomina di Luigi Di Maio a inviato speciale dell’Unione europea per il Golfo persico potrebbe essere un sonoro ceffone per il governo italiano, che Di Maio non l’ha proposto e non lo vuole. Nonostante la contrarietà di Roma, però, l’Europa, a partire dai paesi principali, lo voteranno in massa. Un modo per rendere plastica l’irrilevanza del nostro Paese e confermare, se ce ne fosse bisogno, che a Bruxelles se ne fregano altamente dell’opinione italiana.
La nomina di Luigino nasce quando ancora a Palazzo Chigi c’era Draghi: fu “Mariopio” a proporre il suo ministro degli esteri per l’incarico. Dei vari candidati, tra cui il greco Avramopoulos, Di Maio è sicuramente quello che poteva vantare più esperienze di governo, essendo stato ministro del lavoro, dello sviluppo economico, vicepresidente del consiglio e vicepresidente della Camera. A giocare a suo favore, inoltre, c’è stato il determinante appoggio di Draghi, che in Europa ancora pesa, e molto.
La ratifica della nomina dell’ex leader dei 5 stelle dovrebbe arrivare il 15 giugno, con il voto del consiglio europeo: sarà necessario un voto a maggioranza qualificata, con il 55% dei 27 paesi in rappresentanza almeno del 75% degli abitanti dell’Unione.
Sul nome di Luigi Di Maio, proposto da Josep Borrell – ed è qui lo sganassone a Giorgia Meloni – dovrebbero convergere senza obiezioni Spagna, Francia e Germania. In pratica, non ci sarà bisogno del via libera italiano.
La nomina di Di Maio risulta profondamente indigesta per la Lega. Nonostante ci abbiano fato due governi insieme, ora gli uomini del Carroccio menano duro su Di Maio, e non nascondono la loro irritazione, come fa oggi Marco Zanni (“È una vergogna, faremo di tutto per evitarlo”), da Fratelli d’Italia, che pur non condivide la scelta di Luigino, non è arrivato neanche un sussulto.
L’ordine della Meloni è stato quello di non alimentare polemiche, anche perché i dissidi interni non farebbero altro che mostrare l’imbarazzo e la marginalità del governo italiano rispetto alle dinamiche europee e alla nomina.
(da agenzie)
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