LA P4, IL NUOVO INCUBO DEL PREMIER: “FANGO SU TUTTI PER COLPIRE ME”
NUOVO SCONTRO CON TREMONTI SULLA BANCA D’ITALIA… SILVIO PRONTO AD OFFRIRE IL QUIRINALE A CASINI PUR DI RICUCIRE CON L’UDC…BERLUSCONI PREOCCUPATO PER IL PROSSIMO INTERROGATORIO DI LELE MORA
Ora Berlusconi inizia ad avere paura.
Nemmeno la notizia del raggiungimento di quota 317 a Montecitorio (ma secondo Denis Verdini “siamo in realtà già a 321”), un livello mai toccato dalla maggioranza da quando c’è stata la scissione di Fli, riesce a risollevargli l’umore.
Quella sulla P4 sarà pure “un’inchiesta sul nulla”, come ripete il premier a Stefania Prestigiacomo per rincuorarla.
Eppure il Cavaliere ne teme gli effetti, quelli mediatici e quelli politici, “il fango nel ventilatore”, con un indebolimento del governo proprio alla vigilia del varo della manovra finanziaria: “Sono io il vero obiettivo”.
A preoccupare il premier è anche l’arresto di Lele Mora con l’accusa di bancarotta. L’agente dello spettacolo sarà infatti interrogato lunedì prossimo nel processo Ruby e stavolta dovrà presentarsi in Tribunale con le manette ai polsi dentro un cellulare della polizia penitenziaria.
Un bel salto rispetto alle Bentley e ai fasti della Costa Smeralda.
Il Cavaliere teme le conseguenze psicologiche su “Lele” di una settimana trascorsa nella cella del carcere di Opera.
“Mora – è la battuta che circolava ieri nel Pdl – non è certo Primo Greganti. Se i pm lo tengono in galera quello canta”.
Anche Emilio Fede ieri, parlando alla “Zanzara”, non ha nascosto un certo pessimismo sull’amico finito nella polvere: “Quando l’albero è caduto tutti vanno a far la legna”.
Con questi pensieri nella testa Berlusconi ha affrontato ieri la prima giornata di verifica parlamentare a palazzo Madama.
Un discorso, preparato nella parte economica da Renato Brunetta, con cui il premier ha annunciato l’arrivo della riforma fiscale “prima della pausa estiva”.
Sembra sia stata proprio questa accelerazione a indispettire Giulio Tremonti, che non avrebbe fatto nulla per nascondere il suo disappunto.
Nonostante la smentita preventiva di palazzo Chigi (“voci prive di fondamento”), ci sarebbe stata anche un’altra occasione di litigio fra il premier e il ministro dell’economia, questa volta riguardo la successione di Mario Draghi alla guida della Banca d’Italia.
Non è un mistero che Tremonti abbia puntato le sue carte su Vittorio Grilli, l’ex Ciampi boy diventato il suo braccio destro alla direzione generale del Tesoro.
Ma proprio per questo per il capo del governo non sarebbe opportuno mettere un uomo di Tremonti a Bankitalia, accrescendo in maniera significativa il già vasto potere del ministro dell’Economia. Meglio allora una candidatura interna, come quella del direttore generale di via Nazionale, Fabrizio Saccomanni, gradito anche al Quirinale e all’ex governatore Draghi.
E tuttavia il premier, parlando con un deputato Pdl, ieri sera giurava che con il suo ministro dell’Economia le cose in questa fase stiano filando via più lisce del solito: “Semmai ad avercela con lui sono i leghisti, non io”.
Ma tra i due resta intatta la distanza politica sulle scelte da prendere con la manovra finanziaria e la riforma del fisco.
Per provare – invano – a strappargli qualcosa, giorni fa il Cavaliere ha inviato il gigante sottosegretario Guido Crosetto e il ministro Renato Brunetta a trattare con “Giulio”.
La loro missione era fare la faccia feroce, ma Tremonti non si è affatto spaventato. Anzi il ministro dell’economia ha raccontato divertito l’incontro a un amico: “Con quei due lì di fronte mi sembrava di stare nel bar di Guerre Stellari”.
Se la tensione con Tremonti resta alta, è a Pier Ferdinando Casini che il Cavaliere è tornato a guardare con la speranza di staccarlo dal terzo polo.
Ieri, nel discorso al Senato, lo ha corteggiato in tutti i modi. “Sia chiaro – era il messaggio rivolto ai centristi – che non voglio rimanere per sempre a palazzo Chigi e fare a vita il leader del centrodestra, voglio però fortissimamente lasciare all’Italia come mia eredità politica un grande partito ispirato al Ppe”.
Nei prossimi giorni, appena nominato segretario, sarà Angelino Alfano a incontrare Casini per discutere del futuro con l’Udc, con il più ampio mandato possibile. Berlusconi si è infatti convinto che non sia la candidatura a premier del centrosinistra l’oggetto del desiderio di “Pier”. Il quale in realtà mirerebbe molto più in alto, al Quirinale piuttosto.
“Se Casini vuole farsi eleggere al Colle – ragiona un ministro del Pdl – allora potremmo offrirgli noi uno scambio. Lui al Quirinale e Alfano a palazzo Chigi. L’Udc e il Pdl si scioglierebbero per dar vita alla sezione italiana del Ppe, la vera casa dei moderati”.
Discorsi che, al momento, non sembrano fare breccia tra i centristi. “Non andiamo certo con loro adesso che sono alla canna del gas – osserva il capogruppo Udc al Senato, Gianpiero D’Alia, dopo aver ascoltato in aula Berlusconi – certo, se portano in Parlamento il quoziente famigliare noi lo votiamo. Ma finchè c’è Berlusconi lì dentro non possiamo andare”.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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