LA RABBIA DEI PASTORI CONTRO SALVINI E DI MAIO: “SONO DEI MISERABILI. BUGIE, SOLO BUGIE”
TUTTI RADUNATI ATTORNO AL FUOCO DAVANTI A UN CASEIFICIO: “LA LOTTA NON SI FERMA, SIAMO SOLO ALL’INIZIO, QUI FINISCE MALE”
Alle cinque del pomeriggio i pastori radunati a Thiesi accendono il fuoco e preparano gli spiedi davanti al caseificio Pinna, il più grande dell’isola presidiato giorno e notte. “Questo significa che la serata sarà lunga”, Paola sospira mentre guarda il cellulare in attesa che il marito Gianuario Falchi, al tavolo con Matteo Salvini e gli industriali, le comunichi una buona notizia da Roma e l’innalzamento del prezzo del latte a un euro. E invece niente.
Dalla Capitale arriva il responso di questa sera, rimbalza sugli schermi. Dalla speranza si passa in un attimo al rammarico e poi di nuovo all’orgoglio: “70 centesimi? Sono dei miserabili”, parla Antioco mentre fuma una sigaretta: “Non ce ne andiamo e continuiamo a lottare”. Contro gli industriali e contro i politici. Quindi i pastori rifiutano l’offerta e la loro resistenza andrà avanti.
Le scene davanti all’azienda bloccata da quattro giorni dai manifestanti, che da qui non si spostano neanche per un minuto affinchè il latte non arrivi attraverso i camion di altri paesi, si intreccia con le immagini del Viminale.
In una grande sala Salvini ha riunito il ministro dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio, Coldiretti, i pastori, gli industriali e le cooperative per trovare un accordo sul prezzo del latte. Ma il vertice finisce con un nulla di fatto dopo ore e ore di trattativa.
Eppure gli annunci del ministro dell’Interno erano stati dirompenti: “Non mi alzo se il prezzo del latte non arriverà a un euro al litro”. Invece si è fermato ai settanta centesimi proposti dagli industriali e alla promessa da parte del governo di ritirare 67mila quintali di formaggio così da far aumentare la richiesta del latte e di conseguenza – secondo i calcoli dei leghisti – la richiesta del latte stesso. “Entro tre mesi il prezzo salirà a un euro”, garantisce Salvini.
Ma i pastori, che di questo lavoro ci vivono da sempre, non ci credono e non si fidano: “Tra tre mesi, a giugno, le nostre pecore non produrranno il latte fino a dicembre. E nessuno ci garantisce che il prezzo risalga”, spiega una ragazza, mentre si riscalda davanti al fuoco insieme a tutti gli altri pastori della zona.
Il sole caldo della Sardegna è tramontato e inizia a fare parecchio freddo.
Qui il mestiere lo conoscono tutti molto bene perchè lo praticano da generazioni: “A giugno il latte non ci sarà e noi moriamo e muoiono di fame le nostre famiglie. Vogliamo la garanzia del latte a un euro almeno per cinque anni”.
A questo punto sono pronti a bloccare i seggi: “Se ne blocchiamo anche solo uno, le elezioni vengono invalidate”, riflettono.
Il pomeriggio scorre pieno di apprensione. Tutti i pastori tengono in mano il cellulare sperando in un messaggio positivo da parte degli otto di loro seduti a trattare. Otto dei “pastori singoli”, si definiscono così per sottolineare la differenza con quelli che fanno parte di Coldiretti.
“Ancora niente”, quando sono le sette di sera. Poi le prime informazioni: “Gli industriali non mollano”. Si sparge questa voce: “Propongono 70 centesimi a litro”. “Un euro, un euro”, si sente urlare: “O da qui non ce ne andiamo”.
Un gruppo di ragazzi ha acceso un altro fuocherello: “Scrivetelo, siamo pastori e siamo umani. Non siamo violenti, non facciamo del male a nessuno, vogliano solo che il nostro lavoro venga pagato per quello che vale”, dice Alessia, una ragazza che avrà una ventina d’anni.
La disillusione a tarda sera ha fatto capolino qui: “Bugie, solo bugie”, ripetono i pastori in un modo quasi ossessivo.
Il vertice continuerà sabato in Sardegna con il ministro competente Gianmarco Centinaio. Nel frattempo i blocchi proseguiranno così come lo svernamento del latte sulle strade.
“Domani blocchiamo di nuovo tutta l’isola, da qui non ce ne andiamo. Finisce male”, i pastori che a Thiesi presidiano il caseificio Pinna si preparano a trascorre qui davanti la settima notte.
Questa notte attorno al fuoco aspettano “uniti”, come recitano gli striscioni, il ritorno dei pastori da Roma.
Sui cancelli del caseificio si legge “Lacrime per l’oro bianco” e da qui non entrano e non escono camion. La filiera produttiva è bloccata finchè il latte sarà versato sulle strade.
Sui tavoli di legno vengono poggiate le forme di formaggio da mangiare insieme alla carne preparata sul fuoco: “Ciò che produciamo lo mangiamo noi. E non ci facciamo sfruttare da nessuno”.
Qui da giorni non si dorme. “Siamo stanchi”, viene detto apertamente ma ci si organizza per i turni a oltranza.
Fino a quando qualcosa non cambierà .
(da “Huffingtonpost”)
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