LA “TASSA COVID”: I NUOVI RINCARI PER CAFFE’, PARRUCCHIERI, ESTETISTE
C’E’ CHI SCRIVE ALLE ASSOCIAZIONI A DIFESA DEI CONSUMATORI… ALLA FINE PAGA SEMPRE L’ULTIMA RUOTA DEL CARRO
L’aumento va da due a dieci euro, sotto la voce di tassa Covid, contributo sanificazione, presidio Covid. Non vale per tutti e non tutti lo stanno applicando. Ma è abbastanza diffuso da aver suscitato le prime segnalazioni alle associazioni di categoria, Codacons e Unione consumatori in testa.
Arrivano soprattutto da clienti di parrucchieri, centri estetici, meno bar e ristoranti: capiscono le difficoltà degli esercenti, ma aggiungono di non aver iniziato a guadagnare di più, durante il lockdown.
Anche se le categorie commerciali di cui stiamo parlando non hanno guadagnato niente, nelle ultime dieci settimane, mentre hanno continuato a pagare affitti, mutui e bollette.
«Abbiamo ricevuto decine di segnalazioni, da Castelnuovo di Asola, nel Mantovano, a Castelvetrano, nel Trapanese, da Milano a Roma, da Bordighera a Genova, da Castagnole di Paese a Catania», spiega Stefano Zerbi, portavoce di Codacons.
Le email, spesso accompagnate dagli scontrini incriminati, riguardano perlopiù l’attività di parrucchieri ed estetiste, che aggiungono al conto balzelli variabili per compensare le spese di messa a norma dei locali. Ma non riguardano soltanto loro.
Massimiliano Dona presidente di Consumatori.it, parla di «aumenti opachi» e racconta di dentisti e studi medici che stanno mettendo in carico ai pazienti 10 euro per i dispositivi di sicurezza obbligatori. Aggiunge: «Oggi si paga volentieri un caffè un euro e venti o un cappuccino un euro e 40, perchè si capisce la situazione. Il problema è se questi incrementi diventano strutturali e non durano soltanto un mese e mezzo».
Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani, non vuole sentir parlare di speculazione. «È un dato oggettivo: le mascherine costano, le sanificazioni pure, i dispositivi di sicurezza anche. Parrucchieri ed estetiste sono stati i più esposti alla crisi e ora stanno affrontando costi supplementari. Noi non incoraggiamo gli aumenti, ma non ci sentiamo di stigmatizzarli».
E lo stesso vale per Lino Stoppani, presidente del Fipe, la Federazione italiana pubblici esercenti. A lui tutti questi incrementi non risultano, a parte il caso dei 50 baristi di Vicenza che si sono accordati per far pagare il caffè un euro e trenta e il cappuccino un euro e ottanta. Dice: «Gli aumenti sono sporadici e, francamente, poco furbi, perchè questo è il momento in cui il cliente deve essere rassicurato e incoraggiato a tornare. Dopodichè non ci nascondiamo che durante le crisi le strade percorribili sono quattro: ridurre i costi, ma quelli fissi non si possono limitare; usare le riserve di liquidità ; fare debiti; ritoccare i prezzi».
Altroconsumo all’inizio della pandemia aveva presentato un esposto all’Antitrust per i costi folli degli igienizzanti su Amazon.
Adesso Marco Bulfon, coordinatore delle indagini sui prezzi, suggerisce ai consumatori la prima forma di difesa: «I prezzi devono essere esposti, è un obbligo di legge. Se non ci piacciono, ce ne possiamo andare».
(da “il Corriere della Sera”)
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