L’ALBUM DI FAMIGLIA NELLA CAPITALE NERA
LA SEDE DELL’EX NAR CIAVARDINI. TRA MANIFESTAZIONI E FIACCOLATE: SONO TALMENTE RIVOLUZIONARI CHE SFILANO A FIANCO DELLE TRUPPE DELLA MELONI
Nessuna insegna indica la sede del complesso mondo imprenditoriale e associativo di Luigi Ciavardini, l’ex terrorista dei Nar, e della moglie Germana De Angelis.
Via Fiesole è un vicolo senza uscita, a pochi passi dal fiume Aniene che attraversa Roma. È una enclave difficile da trovare, se non la conosci, contornata da capannoni di fabbri e falegnami. In fondo alla stradina c’è un grande magazzino, completamente ristrutturato all’interno. Uffici, un salone, un piano rialzato. Fuori un piccolo campo si affaccia sui palazzoni di Roma Nord, sulla ferrovia e su una delle poche strisce di verde rimaste intatte. Non è solo un ufficio, ma un vero e proprio punto di ritrovo per il mondo neofascista romano, che sul piazzale di via Fiesole si dà appuntamento per ritrovi, feste e concerti nazirock.
L’ultimo, previsto per la settimana scorsa, è stato bloccato dopo un intervento del presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna, di alcuni deputati del Pd e del sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Era previsto l’intervento del gruppo rock di estrema destra “Gesta Bellica”, noto per versi tipo “Tu rosso compagno di negri, immigrati compare degno, rossa bandiera con falce e martello pugno chiuso e in bocca uno spinello”.
La musica dura di destra da queste parti è di casa. Così come le feste e le cerimonie evocative. Lo scorso 29 settembre chez Ciavardini è stata ricordata Alessia Augello, detta Tungsteno, militante di Forza Nuova morta prematuramente a 44 anni. Il suo nome è divenuto noto a Roma per il funerale, celebrato nel gennaio di un anno fa poggiando una bandiera con la svastica sulla bara. Un particolarissimo onore destinato a pochi nella comunità. Via Fiesole, però, non è solo un luogo di incontri privati e riservati: nello stesso spazio dedicato a concerti e alle commemorazioni delle militanti di Forza Nuova lo scorso gennaio venivano presentati i libri di case editrici dell’area della destra.
Roma, da sempre, è una sorta di camera di compensazione del neofascismo. Nel quartiere Tuscolano, ad Acca Larentia, ogni sette gennaio sfilano migliaia di esponenti del mondo della destra, con fianco a fianco i ruoli più istituzionali di Fratelli d’Italia e i militanti duri della costellazione nera. In occasione della commemorazione dei tre ragazzi uccisi nel 1978 i diversi pezzi di quel mondo si contano, stringono accordi o rompono patti di alleanza. È sempre stata una sorta di cartina tornasole fondamentale per capire cosa accade in questo mondo.
Nella capitale sono nati i Nar guidati da Valerio Fioravanti, il terrorista mai pentito della strage di Bologna. E a Roma è stata ideata e programmata negli anni ‘70 la cosiddetta “strategia dell’arcipelago”, ovvero la frammentazione in tante sigle dell’eversione nera, sotto un’unica strategia e guida occulta, come hanno raccontato i pochissimi collaboratori di giustizia che hanno deciso di abbandonare quel mondo. Nella capitale, infine, è nata la tattica delle strutture parallele, idea concepita all’interno del Movimento sociale italiano da Pino Rauti – il fondatore di Ordine nuovo rientrato nel partito di Almirante nel 1969 – e dai suoi seguaci, messa in pratica negli anni ’90 dai giovani camerati di Colle Oppio, riuniti sotto il nome “Gabbiani”, il gruppo fondato da Fabio Rampelli, oggi vice presidente della Camera dei deputati.
Sigle solo apparentemente distanti dal partito (prima il Msi, poi Alleanza nazionale, oggi Fratelli d’Italia) ed una fitta rete di locali, pub, associazioni culturali. È l’area dove sono cresciute politicamente Giorgia Meloni e il suo doppio Chiara Colosimo, entrate tutte e due – a distanza di un decennio – nella sede della Garbatella, da dove, nel 1991, era partito un nutrito gruppo di militanti per formare Meridiano zero, l’organizzazione della destra radicale create da Rainaldo Graziani, il figlio del fondatore di Ordine nuovo.
La capitale è città degli ambienti permeabili, delle osmosi politiche, di vita, professionali. In fondo i rapporti tra la neo presidente della commissione antimafia e il mondo di Luigi Ciavardini e della sua Associazione Idee non devono stupire. Sono traiettorie che si sfiorano, che convivono, a volte pericolosamente.
Ciavardini e il suo mondo sono da quasi un ventennio un simbolo ben preciso. Il 5 dicembre del 2005 tra piazza Venezia e la Bocca della Verità circa cinquemila persone sfilarono con le fiaccole in mano, in un corteo aperto dallo striscione “Strage di Bologna, colpevoli di comodo, vittime senza giustizia”. La manifestazione era stata organizzata dall’associazione “L’ora della verità”, sigla che ogni 2 agosto – anniversario della bomba del 1980 – prova a riproporre la tesi dell’innocenza della destra nell’attentato più grave della storia repubblicana. Nel comitato organizzatore dell’epoca ci sono i nomi di una parte importante dell’attuale dirigenza di Fratelli d’Italia: da Marco Marsilio, presidente della Regione Abruzzo, vicinissimo a Giorgia Meloni fin dal suo ingresso alla sezione della Garbatella nel 1992, a Sandro Delmastro Delle Vedove e a Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati. Attorno a loro interi pezzi del partito, militanti storici, altre associazioni, piccoli gruppi, riviste web. Da allora in tutta Italia “L’ora della verità” organizza convegni, incontri e dibattiti, con un unico obiettivo: allontanare la colpa delle stragi dalla destra. La premier Meloni fin da quando guidava Azione Giovani non è mai stata estranea a questo mondo. Più volte, dal 2004 in poi, ha apertamente espresso la sua adesione alle tesi – che contrastano con le tante sentenze definitive di condanna – dei “negazionisti” della strage di Bologna. Scriveva nel 2019 su Twitter: «Strage di #Bologna: se non è Fresu chi è 86esima vittima? Attendiamo risposte urgenti a interrogativi inquietanti per risolvere un intrigo dai risvolti sempre più internazionali che qualcuno si ostina a considerare vicenda di terrorismo interno». L’idea di gettare la colpa su piste internazionali – archiviate da anni dalla Procura di Bologna, per assoluta inconsistenza degli indizi – prosegue ancora oggi, con convegni realizzati dagli stessi promotori del gruppo “L’ora della verità”, questa volta con in locandina il logo del Ministero della Cultura, come è avvenuto la settimana scorsa nei locali della biblioteca Casanatense di Roma.
Il simbolo della strage di Bologna diventa qualcosa di più concreto quando si tratta di aiutare i camerati. In questi giorni è iniziato il processo di appello nei confronti di Gilberto Cavallini, un altro ex Nar già condannato per la strage del 2 agosto in primo grado. Da almeno cinque anni è scattata una sorta di rete di solidarietà nei suoi confronti, da quella stessa area romana cresciuta attorno al gruppo “L’ora della verità”. Sei anni fa Cavallini era detenuto nel carcere di Terni e così l’associazione del suo compagno d’arme all’epoca dei Nar, Luigi Ciavardini, decise di aprire con la moglie Germana De Angelis una succursale proprio nella città umbra.
Cavallini alla fine ha ottenuto la semilibertà, grazie ad un contratto di assunzione arrivato da una delle cooperative di riferimento. E quando Cavallini, nel 2018, si trova a rispondere anche della strage di Bologna, l’area della destra romana decide di finanziare la complessa difesa, con una raccolta di fondi a cui partecipano anche esponenti di Fratelli d’Italia. Tutto pubblicizzato online, nelle bacheche Facebook dei personaggi più noti dell’ambiente, divenuti nel frattempo ristoratori di successo. “Nessuno deve rimanere indietro”, era il nome di uno dei gruppi più attivi nell’aiutare chi doveva rispondere davanti alla giustizia di terrorismo. La Roma nera non dimentica e, nel nome di Luigi Ciavardini, ha un solo obiettivo: lavare quella macchia indelebile delle stragi, del neofascismo, del piombo degli anni Settanta.
(da La Stampa)
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