L’AREA LIBERALE RIFUGGA DALLE TENTAZIONI DI UN QUARTO POLO
IN UN SISTEMA A VOCAZIONE MAGGIORITARIA, UNA DESTRA CONSERVATRICE NEI VALORI E LIBERALE IN ECONOMIA DEVA SAPER ESSERE L’ANIMA CRITICA DI UN CENTRODESTRA DA RIFONDARE
Il mese scorso, esattamente il 25 settembre, le varie anime dell’area liberale si sono ritrovate sotto la bandiera della libertà per chiedere la privatizzazione della RAI, l’abolizione del relativo canone e la fuoriuscita dei Partiti dalla TV di Stato. Un momento significativo di “unione” programmatica e di militanza. Giusto un passo. Uno dei tanti possibili…
Prendere le mosse proprio da quel momento per fare una riflessione più ampia è, non soltanto doveroso, ma addirittura necessario, almeno per quanto mi riguarda.
Nella cultura nel nostro Paese è facile scivolare nelle spinte ai cammini solitari o alle guerre contro i mulini a vento.
E’ facile rivendicare autonomia e indipendenza.
E’ facile immaginare di poter essere da soli il primo motore immobile di un cammino nuovo ed avvincente.
Sfide affascinanti, almeno dal punto di vista teorico, perchè il “dazio” si paga poi alla prammatica, a quella prammatica che resta, sempre e comunque, il “volano autentico” di qualsivoglia azione o strategia.
Il nostro Paese stà vivendo una delle fasi più drammatiche della sua storia. L’attuale classe politica si stà dimostrando sempre più incapace ed “alienata”; del tutto distante dalla gente, dai suoi bisogni e sempre più dichiaratamente non all’altezza del gravoso compito di fronteggiare una crisi sempre più profonda e sempre più pregnante.
Le stesse misure ipotizzate e/o adottate dal Governo, anche al netto di tutte le possibili speculazioni teoriche di specie, confermano la triste realtà .
Renzi “ne dice di tutti i colori”, un giorno si e quell’altro pure. Ogni ogni tanto è vero che “dice” anche cose che sembrerebbero di “destra” ma resta pur sempre un uomo di sinistra, con tutti i difetti che la cosa comporta.
Meritevole di attenzione, ad esempio, la volontà di abrogare il famigerato articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Un pò meno — anzi decisamente “fuori fuoco” – l’idea di conservarlo per i licenziamenti disciplinari.
Anzi, proprio rispetto ai motivi disciplinari l’articolo 18 dovrebbe cedere il passo alla libera valutazione meritocratica del rapporto di lavoro, perchè il lavoro si dovrebbe sempre e solo acquisire e conservare per merito e non per altre ragioni.
Un rapporto di lavoro, insomma, sostanzia una chiara dimensione “fiduciaria” e se la fiducia viene meno nessun ordine di reintegro potrà mai restituirla alla storia della vicenda che ne è alla base.
Decisamente inaccettabile, invece, l’ipotesi del T.F.R. in busta paga dal 1° gennaio prossimo.
Una misura che produrrà solo effetti negletti essendo di palmare evidenza che, in base alla stessa, lo Stato incamererà più soldi, i lavoratori perderanno potere d’acquisto, soprattutto in prospettiva, mentre tante piccole imprese, già alle prese con sistematiche carenze di liquidità , rischieranno addirittura di chiudere.
Bastano queste pur brevi riflessioni per far emergere con chiarezza un dato necessario: quello di riaprire una fase di grande riflessioni e rimeditazione all’interno del centro-destra italiano; un’area dalla quale la stessa “area liberale” non potrà mai seriamente immaginare di poter prescindere per cedere alle lusinghe di un ipotetico e fuorviante quarto polo da contrapporre alla destra, alla sinistra ed ai grillini.
La tentazione di un polo autonomo è già stata consumata in passato ed è stata fallimentare. “Scelta Civica”, prima, e “Scelta Europea”, poi, hanno chiaramente dimostrato che non basta la fusione di tante piccole realtà per dare vita ad un progetto capace di infiammare gli animi e di raggiungere una percentuale degnamente rappresentativa della realtà di riferimento.
La verità è che l’area liberale ha un senso solo se si inserisce all’interno di uno schieramento chiaro nel quale declinare tutte quelle possibili battaglie sostanziali capaci di riportare l’attenzione della politica sulle giuste motivazioni di merito. Propugnare altre ipotesi operative è, non soltanto sterile, ma addirittura causa dell’ennesima, potenziale sconfitta.
Il fine, almeno per quanto mi riguarda, resta quello di una destra liberale, di una destra che sappia proporre contenuti e valori chiari e che cavalchi con rinnovata passione e convinzione il grande sogno della rivoluzione liberale quale viatico indefettibile per una società in continuo divenire.
Una destra “conservatrice” nei valori e “liberale” in economia.
Una destra capace di attingere anche alle esperienze culturali estere, ma pur sempre “lucida” e prammatica nell’analisi e nella praticabilità delle opzioni in ragione della nostra storia di popolo e Nazione.
Una destra capace di essere l’anima critica ed incendiaria di un centro-destra da rifondare, soprattutto nello spirito, nelle idee e nella stessa capacità di saper essere presente nei territori, empirici e “telematici”, perchè il sistema è, e resta, a vocazione maggioritaria: immaginare poli “terzi” e “quarti” è, non soltanto fuorviante, ma addirittura controproducente.
E’ vero che è “bello poter partecipare” ma oggi non basta più.
Per non “morire Renziani” occorre vincere.
Salvatore Castello
Right blu – la Destra liberale
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