LE “ALTRE ETERNIT”, DIECIMILA VITTIME IN TANTI ANNI DI INQUINAMENTO
LA SENTENZA DI TORINO APRIPISTA A TANTE ALTRE… STORIE DI DISCARICHE, ACCIAIERIE E IMPIANTI CHIMICI CHE HANNO DANNEGGIATO TERITORIO E SALUTE DELLA GENTE….OLTRE 5 MILIONI DI PERSONE INTERESSATE
“Quando moriva qualcuno, in una fabbrica in cui tutti sapevano che prima o poi sarebbe successo, negli anni Ottanta veniva condannato l’addetto alla sicurezza. Negli anni Novanta le sentenze sono arrivate a punire il direttore dello stabilimento. Ora tocca ai top manager e ai proprietari”.
Rino Pavanello, da 25 anni segretario dell’associazione Ambiente e lavoro, riassume così il percorso che ha portato alla sentenza contro l’Eternit per disastro colposo.
La notizia ha fatto il giro dei giornali di tutto il mondo e ora sembra destinata a rilanciare centinaia di vertenze sull’impatto sanitario dei vecchi colossi della chimica, delle acciaierie monstre, delle grandi discariche abusive.
Stabilito il principio delle responsabilità legate non a un incidente catastrofico tipo Seveso ma a uno stillicidio di veleni somministrati quotidianamente per anni, le industrie a rischio sanzione si moltiplicano.
I dossier sulla minaccia chimica messi a punto dalla Legambiente e dal Wwf mostrano un panorama costellato di richieste di risarcimento.
Sul banco degli accusati ci sono soprattutto i grandi poli dell’industria pesante che hanno devastato il territorio negli anni del boom economico. E i giudici ascoltano con attenzione.
“Il salto che si è determinato con la sentenza del tribunale di Torino, anche se siamo ancora al primo grado di giudizio, è netto”, osserva Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente.
“Nel caso dei grandi incidenti del passato, da Seveso a Bhopal, si è trattato di un episodio, sia pure gravissimo: e il giudizio della magistratura ha riguardato quelle specifiche responsabilità .
Ma le conclusioni del processo Eternit ribaltano questo punto di vista e spostano l’attenzione sulle responsabilità per la routine quotidiana, quando questa routine comporta un rischio inaccettabile per chi vive dentro le fabbriche, per chi abita vicino agli impianti a rischio e, molto spesso, anche per milioni di altre persone che possono venire in contatto con oggetti pericolosi”.
Dunque si passa da una valutazione sulla pericolosità legata a un incidente alle considerazioni sugli effetti di lungo periodo prodotti da merci dannose o da situazioni ambientali pericolose.
E Patrizia Fantilli, responsabile dell’ufficio legale del Wwf, ricorda che, a questo punto, il discorso della richiesta di risarcimenti si allarga ad altre situazioni critiche.
Ad esempio al poligono di Quirra, in Sardegna, dove sono stati interrati rifiuti militari (bombe, parti di missile, batterie, pneumatici) contenenti sostanze tossiche tra cui amianto e uranio.
O alla discarica di Bussi (Pescara), considerata una delle più inquinanti d’Europa: dagli anni Sessanta ai Novanta qui sono state smaltite abusivamente grandi quantità di sostanze chimiche che hanno contaminato per oltre 25 anni le falde idriche che arrivano ai pozzi utilizzati da 400 mila persone.
Una situazione complessiva che lascia una traccia pesante anche dal punto di vista epidemiologico.
Secondo lo studio Sentieri, coordinato dall’Istituto superiore di Sanità , che analizza i punti in cui il rischio chimico è più alto, ci troviamo di fronte a un quadro decisamente allarmante.
La mortalità per cause ambientali in questi siti è in media del 14% superiore alla norma.
Il record è nelle sei località inquinate dall’amianto, dove i casi di tumori della pleura sono stati quattro volte superiori alla norma nel periodo 1995-2002.
Le vittime in eccesso, uccise dall’inquinamento, sarebbero circa 10 mila su una popolazione interessata di 5,5 milioni di persone.
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply