LE BRUTTE FIGURE DI RENZI A BRUXELLES
TRA TWITTER, GAFFE E MANICHE DI CAMICIA…E ALLA FINE SQUINZI LO SMENTISCE SULL’ENTUSIASMO DELLA MERKEL
Lo stile è il suo, in trasferta si nota anche di più: su Twitter Matteo Renzi commenta il suo debutto al “Consiglio d’Europa”, che però è un’istituzione completamente diversa da quella in cui si è impegnato in questi due giorni, cioè il Consiglio europeo (gli fanno notare l’errore e, dopo alcune ore, il Tweet sparisce).
In conferenza stampa racconta il suo stupore per aver scoperto “una usanza che non conoscevo”: cioè che durante la riunione del Consiglio tra i capi di governo “si parla continuamente, anche mentre si mangia”.
Renzi non ha la confidenza con i riti dell’Europa che aveva Mario Monti e neppure il rispetto assoluto che era di Enrico Letta.
Bruxelles è soltanto uno sfondo diverso per mandare gli stessi messaggi di ottimismo renziano alle famiglie italiane che vedranno il premier al Tg.
La piccola sala stampa dell’Italia nel seminterrato del palazzo di Justus Lipsius cambia per il nuovo premier: via il tavolo verde da cui Monti raccontava i duelli con Angela Merkel, ecco il podio per Matteo, che interviene da solo, come sempre.
Il resto della squadra europea, dall’ambasciatore Stefano Sannino al sottosegretario Sandro Gozi, restano silenziosi in disparte.
La cena deve essere tutta per il premier, che arriva trafelato come sempre, “a young man in a hurry”, il giovanotto che va di fretta, lo hanno chiamato Financial Times ed Economist.
Appena entra nella saletta si toglie anche la giacca e la affida a una signora bionda (responsabile del cerimoniale, abituata a ben alti formalismi), si arrotola le maniche della camicia bianca e comincia lo show dal podio.
Parlare di Europa non è la cosa che gli riesce più facile, dietro gli europeismi obbligati si intravede l’insofferenza (“la Commissione si chiama così ma non è una commissione d’esame”).
Al premier però piace – un po’ come piaceva a Silvio Berlusconi – il genere di racconto “io e i grandi della Terra”
Ha anche rievocato la cena di lunedì scorso a Berlino, con la Merkel e gli imprenditori tedeschi.
Subito gli replica dall’Italia il capo della Confindustria Giorgio Squinzi, uno dei pochi italiani non renziani rimasti: “Devo sfatare il clima idilliaco descritto per l’incontro di lunedì tra Merkel e Renzi. Io ero alla cena e lei è molto austera nei nostri confronti: non è che ci abbia accolto a baci e abbracci, ha detto che non possiamo derogare alle regole”.
Dettagli, minuzie, quisquilie per Renzi che da Bruxelles torna con la sicurezza di aver interpretato perfettamente quel misto di scetticismo e sopportazione che domina tra gli italiani quando pensano all’Europa.
Anche da Bruxelles il premier vuole prima di tutto essere in sintonia col suo pubblico, tutto il resto – i tecnicismi sul deficit e anche la crisi Ucraina – è secondario.
Non cita mai, neppure una volta, il documento conclusivo del Consiglio, quando invece Monti e Letta si impegnavano in minuziose analisi del testo.
Renzi supera anche l’inevitabile test di Ivo Caizzi: il veterano dei corrispondenti da Bruxelles, del Corriere della Sera, ha fatto perdere la calma più volte a Mario Monti e perfino a Fabrizio Saccomanni, con le sue domande. Renzi lo ascolta e poi lo neutralizza: “Bene, raccogliamo un po’ di domande così rispondo a tutte insieme” (scegliendo con una certa cura quali dimenticare e quali no)
In altri momenti – quelli più drammatici della crisi dell’euro – la disinvoltura renziana avrebbe inorridito le vestali delle forme europee.
Oggi no, c’è un clima di smobilitazione, tutti i presidenti sono in scadenza, incluso il padrone di casa Herman van Rompuy.
Che Renzi pronuncia con una correttezza rara, con la “u” che si legge quasi “o”. Sembra che il premier improvvisi, ma anche ostentare dilettantismo è una scelta.
E uno stile che, per ora, funziona.
Stefano Feltri
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