RENZI PARTE RE E TORNA SUDDITO
NON OTTIENE NESSUN RISULTATO CONCRETO IN EUROPA E DICE: “IL FISCAL COMPACT VA RISPETTATO”… CRITICA IL COMMISSARIO COTTARELLI: “ALCUNE COSE DELLA SUA SPENDING REVIEW NON MI HANNO CONVINTO”
Il Fiscal compact è un impegno che il nostro Paese ha preso e come tutte le regole che ci siamo dati confermiamo l’impegno”.
Alla fine è soltanto questa frase che conta: in Parlamento il premier Matteo Renzi aveva definito “anacronistico” il vincolo del deficit al 3 per cento del Pil (è di vent’anni fa), ma a Bruxelles promette di rispettare la gabbia più contemporanea, quella che impone fin nella Costituzione il pareggio in bilancio.
E per rispettarlo subito bisognerebbe fare quella correzione di bilancio da 4-5 miliardi di euro strutturali che la Commissione europea chiede, inascoltata, da mesi.
Di solito le conferenze stampa alla fine del Consiglio europeo servono ai capi di governo a vantarsi dei risultati ottenuti durante i lunghi negoziati notturni, a presentare come epiche vittorie nazionali gli scialbi compromessi che di solito si nascondono dietro le frasi del comunicato finale del Consiglio.
Renzi invece parla soprattutto del semestre di presidenza italiano che comincerà a luglio, di quello che il governo vuole fare, di tutte le occasioni che ci saranno per incontrare gli altri leader, sei mesi che devono diventare “l’occasione di una grande scommessa sull’Europa”.
Risultati che può vantare dalla due giorni europea: nessuno concreto, ma “non siamo mica venuti qui a farci dare la bollinatura alle nostre riforme”.
Poco è filtrato della colazione tra il premier e il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy.
L’incontro con il presidente della Commissione Josè Barroso, giovedì, non era andato benissimo, nessuna concessione sul deficit e nessun via libera preventivo: prima di avallare le riforme di spesa, come il taglio delle tasse in busta paga, la Commissione vuole vedere i provvedimenti di legge che attuano la spending review.
Renzi contesta questa lettura, dice che sono “ricostruzioni fuori dalla realtà ” e che comunque il suo obiettivo è “far sorridere le famiglie italiane”, non i due leader europei che, ci tiene a ricordarlo il premier, “sono in scadenza di mandato”.
In questi due giorni Renzi ha fatto poco per rassicurare i suoi interlocutori europei che sono ammirati dalla forza politica del giovane leader, ma un po’ perplessi sulla sua disinvoltura contabile.
L’idea di scorporare la spesa per il cofinanziamento dei fondi strutturali dal deficit (cioè il contributo dell’Italia ai progetti europei) non è un tabù a Bruxelles.
Ma preoccupa il fatto che la priorità del premier non sembri affatto rilanciare i progetti di infrastrutture che con quel trucco contabile si potrebbero finanziare, ma guadagnare margini di manovra per tagliare le tasse prima delle elezioni europee. L’argomento usato da Renzi — “siamo contribuenti netti”, cioè diamo all’Europa più di quanto riceviamo — è di quelli usati da sempre dalla Gran Bretagna e dai Paesi più euroscettici: non funzionerà mai per convincere la Commissione.
E visto che tutta la credibilità delle coperture delle promesse renziane si fonda sulla revisione della spesa, attaccare il commissario Carlo Cottarelli nella conferenza stampa di Bruxelles non è stata forse la scelta tattica migliore. “Il piano di Cottarelli è un buon punto di partenza”, ha detto il premier, che poi ha subito precisato: “Ma alcune cose non mi hanno convinto”.
Tipo l’ipotesi di intervenire sulle pensioni, che Cottarelli continua a riproporre.
La scelta di spostare il commissario dal Tesoro a palazzo Chigi sembra sempre di più un modo per ridurlo al rango di consulente (qualche giorno fa l’aveva retrocesso a “commercialista”) che offre suggerimenti, non certo prescrizioni.
Solo Renzi è così concentrato sull’economia. Gli altri leader sono molto più preoccupati dalla crisi ucraina e di come contenere l’avanzata di Vladimir Putin.
Il Consiglio europeo firma una prima parte politica di un “accordo di associazione” che serve ad ancorare Kiev alla Ue, mentre arrivano sanzioni per altri 12 soggetti vicini a Putin.
Ma la grande battaglia, quella sull’energia, quella per emancipare l’Europa e l’Ucraina dalla dipendenza dal gas russo, ancora non è davvero cominciata, la Germania invita alla cautela.
Di Russia Renzi si scorda di parlare, in conferenza stampa.
Quando glielo ricordano si scusa, ma non c’è più tempo: deve tornare subito a Roma.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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