L’ESERCITO INDUSTRIALE DI RISERVA CREATO DALLA DISOCCUPAZIONE
IL CONGELAMENTO DEI SALARI, ORMAI SCOLLEGATI DALLA PRODUTTIVITA’… I POSTI DI LAVORO PERSI NEL MANIFATTURIERO RIMPIAZZATI DA POSTI NEI SERVIZI, PAGATI PEGGIO
Maurizio Ricci su Repubblica di oggi ci racconta il mistero del salario scomparso: la recessione è finita ma i salari continuano a ristagnare. l’economia appare in buona salute di qua e di là dell’Atlantico, la disoccupazione continua a scendere, ma i salari stanno appena a livello dell’inflazione.
Senza la spinta dei salari, l’inflazione non riesce a risalire sopra il 2 per cento e la deflazione resta in agguato.
Ovviamente questo si riflette sulla stagnazione dei consumi (chi non ha soldi non può spenderli, chi non ha abbastanza soldi può spenderne pochi). La ripresa, insomma, non è in grado di sostenersi da sola.
E questo dipende dall’evidente scollamento tra ripresa e salari. L’Ocse, l’organizzazione che raccoglie i paesi sviluppati, ha provato ad analizzare come queste due tendenze agiscono concretamente nel mercato del lavoro:
Il congelamento dei salari, ormai privi di collegamento con la produttività , è per un terzo il risultato del fatto che i posti di lavoro persi nell’industria manifatturiera vengono rimpiazzati da posti nei servizi, pagati peggio.
Per altri due terzi, dalla decimazione che software e tecnologia hanno portato, in generale, in quelli che una volta erano “i buoni posti delle classi medie”: quelle occupazioni a media qualifica (dal contabile alla hostess) che stanno scomparendo sempre più in fretta.
Negli ultimi vent’anni questi posti di lavoro sono diminuiti del 10 per cento, mentre sono aumentati quelle a bassa qualifica (pagati peggio) e quelli ad alta qualifica (che però sono pochi). In Italia, basse e alte qualifiche sono aumentate del 5 per cento.
L’effetto, sul mercato del lavoro, è la formazione di un “esercito industriale di riserva”, assai più ampio di quanto dicano le statistiche. Lo nota la Bce di Draghi: il tasso di disoccupazione ufficiale, nell’eurozona, è al 9,5 per cento, ma, se aggiungiamo gli scoraggiati, cioè quelli che non pensano di poter trovare un lavoro adeguato, e quelli che hanno accettato un posto part time, ma lavorerebbero volentieri di più, si arriva ad un impressionante 18 per cento. In Italia, ancora peggio, al 25.
I posti ben pagati vengono sostituiti da software, part time o da chi accetta di lavorare con uno stipendio più basso. I pochi lavoratori sono più qualificati e le imprese sono capaci di grande produttività .
Un circolo vizioso che continua ad alimentarsi. E che non ci consente di uscire dalla crisi.
(da “NextQuotidiano”)
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