LETTA PRONTO A SPIAZZARE SILVIO: NIENTE VOTO DI FIDUCIA, DIMISSIONI E POI SFIDA CON RENZI
E LA SORPRESA CUI STA LAVORANDO D’ALEMA SI CHIAMA ZINGARETTI
Lo scenario che porta ad una crisi del governo Letta sembra maturare ora dopo ora.
Le ultime dalla riunione del Pdl con Silvio Berlusconi dicono di uno show down imminente.
Dunque, se tutto resta come appare in queste ore, dopo le comunicazioni in Senato mercoledì, Enrico Letta dovrebbe salire al Quirinale per dimettersi, evitando il voto di sfiducia in aula.
Un modo per uscirne con dignità e preparare la prossima mossa: candidarsi alle primarie per la premiership, visto che a quel punto il rischio di elezioni a febbraio sarebbe più che concreto.
Come dice Massimo D’Alema: “Se si vota in primavera, salta il congresso del Pd e si fanno primarie per la premiership”.
E non si tratta solo di un suo ‘wishful thinking’.
E’ una dinamica che sta nelle cose, ammettono anche nell’area che sostiene Gianni Cuperlo alla segreteria del Pd.
Al partito resterebbe Guglielmo Epifani, per il momento.
Perchè, dopo l’esecutivo Letta, molto probabilmente nascerebbe un governo istituzionale (guidato da Fabrizio Saccomanni o Giuliano Amato) che si occuperebbe di approvare la legge di stabilità e magari assista una riforma elettorale in Parlamento. Stop.
Le elezioni sarebbero dietro l’angolo. E tanto meno sarebbe Letta a guidare questa nuova squadra a tempo.
Il premier lo ha detto anche a Giorgio Napolitano, nei vari colloqui di questi giorni. Spiegando al capo dello Stato di essere stato indicato alla guida del governo anche dal Pd (“e io sono un uomo di partito, devo tener conto degli umori del partito”) e spiegandogli di non essere disposto, a 47 anni, a lasciarsi triturare dagli eventi, a bruciare tutto il lavoro fatto finora. Niente Letta bis.
Insomma, il premier vorrebbe organizzarsi meglio di Mario Monti, il quale pure dovette ingaggiare un braccio di ferro con Napolitano per mollare il governo tecnico e candidarsi, contro i voleri del capo dello Stato e con gli esiti ben noti.
Non che Letta voglia mollare di suo.
Anzi in aula mercoledì terrà comunque un discorso che inquadra un orizzonte temporale per il governo fino alla fine del 2014, presidenza italiana del semestre europeo compresa.
Ma gli eventi lo fanno costretto a stabilire un limite oltre il quale non può più sopportare.
Dunque, se andrà male, lo aspetterebbe la sfida per la premiership contro Matteo Renzi, che della crisi “non parla nemmeno sotto tortura”, dicono i suoi da Firenze. “Non partecipo al festival-teatrino delle dichiarazioni. Aspettiamo di sentire cosa dirà il premier Letta e di vedere cosa deciderà il Parlamento”, si limita a dire lui.
C’è da dire che i renziani non sono convinti del nuovo calendario che sembra affacciarsi nel Pd, stanno sul ‘chivalà ‘ per il momento, non vogliono intestarsi rotture. Ma non lo faranno nemmeno se, invece che per la segreteria del Nazareno, il sindaco dovesse ritrovarsi a correre direttamente per la premiership.
Del resto, è quello che ha sempre voluto.
Dunque, Renzi versus Letta e basta?
No, trattasi di Pd, la questione non può essere già risolta.
D’Alema penserebbe ad una candidatura di Nicola Zingaretti, l’ex presidente della Provincia di Roma, da sempre designato per una corsa per Palazzo Chigi, ‘finito’ alla Regione Lazio dopo l’inaspettata crisi dell’amministrazione Polverini.
Tutto fatto, sfida a tre? No. I giochi sono solo all’inizio.
Quella di D’Alema, dice chi lo conosce bene, potrebbe essere solo una prima mossa di trattativa con gli altri due candidati.
Questioni che si capiranno nelle prossime due settimane, non di più.
Anche perchè l’11 ottobre scade il termine di presentazione delle candidature per le primarie dell’8 dicembre per la segreteria Pd, secondo le regole al fine approvate in un sol colpo nell’ultima direzione, venerdì scorso, quando già era scoppiata una sorta di pre-crisi di governo che poneva seri dubbi sul congresso in sè.
“Abbiamo approvato le regole senza discussione, quasi fossero una barzelletta – è la battuta che gira tra i Dem — evidentemente già allora non ci credevamo al congresso…”.
Magari le primarie dell’8 dicembre si trasformeranno in sfida per la premiership.
E chissà se senza polemiche.
(da “Huffington Post”)
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