LINA, 102 ANNI, HA SCONFITTO IL CORONAVIRUS: “GUARITA SENZA TERAPIE”
I MEDICI DEL SAN MARTINO DI GENOVA L’HANNO SOPRANNOMINATA “HIGHLANDER”: “UNA VERA ROCCIA, E’ MIGLIORATA PRIMA CHE LA SOTTOPONESSIMO ALLE TERAPIE, CI HA RINGRAZIATO ED E’ TORNATA NELLA SUA CASA DI RIPOSO”
Lina è nata nel 1917: durante la sua vita ha visto due guerre mondiali e affrontato momenti davvero difficili, come la morte dell’adorato figlio e una delle prime separazioni in Italia. Ieri, alla vigilia del 103esimo compleanno, ha vinto un’altra sfida che sembrava impossibile, quella contro il coronavirus.
«La sua storia è stata un soffio di speranza dentro la tempesta che stiamo vivendo ormai quotidianamente – il professor Raffaele De Palma, responsabile del reparto di Medicina Interna a indirizzo immunologico del san Martino per un attimo ritrova il sorriso – Il miglioramento di Lina è stato inaspettato e ha rincuorato tutti noi, medici e infermieri, che ogni giorno lottiamo contro il Covid-19».
La signora Lina vive in una casa di riposo, un paio di settimane fa ha iniziato a non sentirsi bene ed è stata trasportata in ospedale: «L’abbiamo ricoverata per uno scompenso cardiaco – racconta Vera Sicbaldi, uno dei medici che si è presa cura di lei – ma dopo un paio di giorni ci siamo accorti che aveva problemi alle vie respiratorie e presentava sintomi, anche se blandi, che ci hanno spinto a farle il tampone per il Covid-19, risultato positivo»,
Una sentenza dura che ha subito preoccupato i medici: «Purtroppo sappiamo bene che il coronavirus sugli anziani picchia più duro – continua Vera Sicbaldi – ma non abbiamo fatto i conti con la tempra della signora Lina, si è dimostrata una vera roccia: la saturazione dell’ossigeno è migliorata velocemente è guarita senza nemmeno doverla sottoporre alle terapie farmacologiche per il Covid-19. Dico la verità , quasi non ce lo spieghiamo nemmeno noi».
E alla fine, anche prima del previsto, la 102enne è stata dimessa e ha potuto far ritorno nella sua stanza nella residenza protetta. Medici e infermieri, nei corridoi dell’ospedale, l’hanno affettuosamente soprannominata “highlander”, immortale. «Vista l’età ci aspettavamo un decorso molto diverso – sorride la dottoressa – ma siamo felici che sia andata così. Del resto Lina si è dimostrata una donna incredibile, coraggiosa e piena di vita. Nonostante gli anni è molto lucida e ama chiacchierare».
Tra una terapia e l’altra ha rivelato dettagli di una vita che sembra un film: la separazione dal marito in giovane età , un figlio trasferito negli Stati Uniti con una brillante carriera nello spettacolo, l’amore per i viaggi.
«Le piaceva ricordare il periodo in cui ha vissuto a lungo in America per stare vicino al figlio – raccontano in corsia – ma anche tutti i viaggi che ha fatto: ha sempre avuto una vita ricca di stimoli e un’energia fuori dal comune, anche in queste settimana dimostrava una lucidità straordinaria, dava dei punti a tutti. Probabilmente è proprio questa vitalità ad averla salvata anche stavolta».
Gli unici momenti di tristezza erano quando racconta la scomparsa del figlio tanto amato: il suo sguardo si appannava e restava nel letto in silenzio. Ma bastava un messaggio o una telefonata del nipote per riportarle il sorriso.
«Non so se ha capito sino in fondo cosa le è capitato e quale brutta malattia è riuscita a sconfiggere – ammette Vera Sicbaldi – Leggeva riviste e si teneva informata ma ho avuto l’impressione che di questa emergenza non avesse piena consapevolezza. Per noi però è stata un’iniezione di fiducia di cui avevamo proprio bisogno: nei volti dei pazienti rivediamo i nostri nonni o i nostri genitori, quando le cose vanno male è pesante anche per noi. Siamo un gruppo di medici molto giovane, l’età media è intorno ai quarant’anni, a casa abbiamo tutti bambini piccoli e genitori anziani che non vediamo da settimane per preservarli: alla fatica del lavoro, come tutti i sanitari, aggiungiamo il carico psicologico della paura di infettare i nostri cari».
Il reparto di Medicina Interna e Immunologia Clinica è stato uno dei primi a essere riconvertito e destinato integralmente ai malati Covid-19. Al momento ospita ventidue pazienti positivi ma mantiene ancora un’ala del reparto “pulita” con sei malati, tutti con doppio tampone negativo.
«Adesso iniziamo ad avere anche qualche giovane ricoverato – ammette il professor De Palma – ma sono una minoranza, quasi tutti sono anziani con una storia clinica complicata. Siamo in prima linea da sempre e abbiamo assistito all’aumento dei contagi e anche degli aggravamenti dei pazienti, facendo tutto quello che potevamo per salvare più persone possibili. Non è sempre stato facile ma quando stava subentrando la stanchezza è arrivata Lina a tiraci su il morale».
(da “il Secolo XIX”)
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