“L’ISIS AFFASCINA ANCORA LE GIOVANI GENERAZIONI”; INTERVISTA A RENZO GUOLO, STUDIOSO DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO
“DA ALCUNI E’ VISTA COME L’UNICA VERA ALTERNATIVA AL SISTEMA”
“L’ideologia islamista penetra nell’Occidente – anche se l’Isis ha perso la sua dimensione statuale – e attrae i giovani di seconda generazione”.
HuffPost ha parlato con Renzo Guolo, sociologo delle religioni e studioso di fondamentalismo islamico, all’indomani della notte di sangue a Vienna, terza tappa della nuova ondata di terrorismo partita con la decapitazione del professore a Conflans Sainte-Honorine, gli accoltellamenti a Nizza di giovedì scorso e, appunto, l’attentato in Austria.
A suo parere ci troviamo di fronte a “una forma quasi endemica” di terrorismo, “che può trovare un contrasto solo attraverso la sconfitta di questa ideologia, nonostante oggi possa contare su meno appoggi, anche indiretti, rispetto al passato”.
L’Europa è al sicuro? “Potrebbe diventare bersaglio, perchè oggi c’è una maggiore disponibilità da parte dei militanti dell’Isis a sacrificarsi per la causa”.
Professore, in che situazione si trova l’Europa? Siamo di fronte a una nuova recrudescenza del terrorismo?
Siamo in una situazione un po’ complicata, perchè si è messo in moto un ritorno dell’Islam radicale sotto forma di violenza politica che fa riferimento in prevalenza all’Isis. Non è che il fenomeno fosse scomparso, più probabilmente era stato occultato a livello mediatico perchè si era ritenuto che la sconfitta politico-militare dello Stato islamico comportasse anche una caduta verticale dell’organizzazione e in parte è vero. E’ ovvio che non c’è più la potenza di fuoco di un tempo, ma l’ideologia islamista radicale ha fatto presa soprattutto sulle giovani generazioni, almeno dalle prime informazioni che ci arrivano su chi ha agito a Vienna.
Quindi come possiamo definire l’attuale contesto nell’Occidente?
Siamo in una situazione di ripresa della conflittualità di matrice jihadista-radicale legata al fatto che la tensione si è alimentata nelle ultime settimane a seguito della questione delle vignette di Charlie Hebdo, alla decapitazione del professor Paty, e a tutto lo scontro che c’è stato tra Macron ed Erdogan, che non ha fatto altro che polarizzare le posizioni di carattere politico, culturale e religioso. Questo contesto è stato sfruttato dall’Isis che ha messo in moto tutte le azioni simboliche che abbiamo visto manifestarsi anche in questi ultimi giorni.
Prima diceva che è stata sconfitta solo la dimensione statuale dell’Isis…
Sì, ma certo non la sua ideologia, che è ideologia che prescinde la sua stessa nascita e circola da più decenni. Oggi essa è raggiungibile da più persone ed è l’ultima ideologia antagonista disponibile sul mercato per mostrarsi alternativi a un ordine che non è accettato nè politicamente nè religiosamente nè culturalmente. A tal proposito, la domanda da farsi è il perchè di questa penetrazione, soprattutto tra le seconde generazioni, come nel caso austriaco, in cui il giovane attentatore era nato e cresciuto in Austria.
Perchè questi giovani sposano l’ideologia islamista?
Perchè la vedono come unica vero alternativa al sistema e può giungere fino alla dimensione sacrificale, quindi c’è non solo la disponibilità a togliere la vita agli altri, ma anche di mettere sul piatto la propria perchè questo è concepito come una sorta di atto di martirio. Si può dire che sia una situazione di disperazione nichilistica e quindi questa ideologia diventa l’ultimo riferimento per chi si sente culturalmente estraneo al modo di vita occidentale.
Molti si sentono attratti dall’Isis perchè lì vedono una atmosfera di inclusione che invece l’Europa non gli dà ?
Questo sicuramente. C’è una dimensione fortemente comunitaria — che è tipica di tutte le esperienze estreme — quasi settaria dal punto di vista delle forme di appartenenza, ma ciò che conta è che sembra, nelle seconde generazioni europee, una forma di identità , perchè questo tipo di persone in genere sono alla ricerca di una identità che gli consenta di non essere preda di una doppia assenza. Non hanno più l’appartenenza alla cultura originaria, familiare, e però non si sentono neppure parte dei Paesi in cui si trovano a vivere come residenti o come cittadini di seconda generazione. È questo cortocircuito che alimenta la disperazione ed è questo disagio che ha incontrato l’ideologia islamista.
Siamo all’inizio di un qualcosa, di un avvio di una lunga serie di episodi?
Non è mai finita la dimensione di opposizione antagonistica che può trovare forma nel terrorismo. Adesso si dovrà capire, in quello che è successo a Vienna, se la vicinanza con l’area balcanica e la disponibilità di armi marcano una differente organizzazione rispetto a chi in Francia ha agito con il solo coltello. Seguendo la traccia delle armi si riesce a capire se ci sia stata una dimensione organizzata. Se queste organizzazioni sono in crisi nel cuore del Medioriente o dell’Asia, paradossalmente possono diventare — con queste azioni a bassa intensità che purtroppo non sono tali per le vittime — protagoniste del contesto occidentale. È una forma quasi endemica, che può trovare un contrasto solo attraverso la sconfitta di questa ideologia, anche se essa può contare su meno appoggi, anche indiretti, rispetto al passato.
Qualche osservatore a proposito degli attentati in Francia ha parlato di ‘lupi solitari’, è d’accordo?
Dipende. Quando si tratta di attacchi all’arma bianca, con lame, ci troviamo spesso di fronte a persone che sono lupi solitari, però, attenzione, solo nell’agire e non nell’adesione ideologica a un progetto. Magari sono persone che si sono radicalizzate online. Se si tratta di operazioni come quella di Vienna, che presuppongono un diverso livello di organizzazione, hanno alle spalle qualcosa di diverso. L’area balcanica è sempre problematica, sia dal punto di vista della radicalizzazione che del flusso di armi, e potrebbe portare all’apertura di una nuova stagione terroristica all’interno del Continente.
La novità sembra essere ravvisabile in particolare nel caso dell’uccisione del professor Paty. In quel caso l’assassino era un cittadino ceceno, nato a Mosca.
Come ho detto, ogni situazione è a sè. Anche il ceceno era considerato un residente in quanto i familiari avevano ricevuto lo status di rifugiati politici in Francia. Il concetto di seconda generazione di cui parlavamo prima riguarda non solo chi è nato nel Paese ma anche chi è residente per vari motivi nel territorio. Ciascuno si porta dietro il proprio bagaglio culturale, geopolitico e storico, ma in generale il flusso di combattenti europei dal 2011 verso la Siria va a incrementare questa sorta di proiezione sull’Europa, che fino adesso si era verificata soprattutto verso l’esterno, ma che dopo la fine statuale dell’Isis può avere avuto un forte meccanismo di retroattività verso l’interno dell’Europa.
Queste operazioni diventeranno costanti?
È uno dei nodi da sciogliere. Il caso austriaco può diventare importante anche per capire le modalità di organizzazione che l’Isis si è data.
Adesso che lo Stato islamico non esiste più, laddove è nato, come centro, si può dire che esiste un fenomeno polverizzato per tutto l’Occidente
Ci sono sia fenomeni di ritorno, sia fenomeni dati dal fatto che viene a mancare una sorta di centro, che prima era attrattivo e organizzativo e che ora — per chi vuole compiere azioni di questo tipo — non c’è più. In pratica si torna ad agire sotto forma del classico terrorismo esportato o importato. Non c’è più un punto di riferimento in grado di catalizzare questa energia. Pensiamo a tutte le migliaia di combattenti europei che sono andati in Siria tra il 2011 e il 2016. Quello sfogo non c’è più e però esiste l’ideologia che spinge questi soggetti ad agire. L’Europa dall’indebolimento statuale dell’Isis non trova un sollievo, ma un aggravamento, che la potrebbe far diventare un potenziale bersaglio.
La pandemia e le sue regole agevolano il terrorismo?
No, casomai il contrario, ma pandemia e terrorismo vissuti nello stesso momento prostrano, quindi più che un tema di sicurezza è una questione etico-morale.
(da “Huffingtonpost”)
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