L’ITALIA “DEGLI APPASSIONATI” CONTRO LA POLITICA DEL “DIVIDE ET IMPERA”
VALORIZZARE LE DIVERSITA’ E RIDARE EQUITA’ A UNA SOCIETA’ ALLA DERIVA, SUPERANDO VECCHI SCHEMATISMI E STERILI DISTINGUO
Oggi come oggi, definirsi ‪conservatori‬, ‪liberali‬, ‪‎socialdemocratici‬ o ‪‎assistenzialisti‬ oltranzisti non significa proprio nulla.
Da qualsivoglia angolo prospettico la si voglia “vedere”, la nostra è una società sempre più alla deriva, e da tutti i punti di vista purtroppo.
Una “patria di indifferenti” e di distratti.
Difficile rinvenire in giro un sincero, autentico e “rivoluzionario” ‪‎senso civico‬. La storia è sempre stata fatta da “lacrime e sangue”, dalla passione sincera e dalle battaglie audaci.
Occorre creare massa critica, uno spirito collettivo, guardare ben oltre la punta del proprio naso e, soprattutto, bisogna “battersi” per davvero.
Fino a quando permetteremo al “sistema” di padroneggiare e sfruttare i distinguo, soprattutto quelli sempre più assurdi e fuorvianti, daremo linfa vitale al classico brocardo del potere, a quel “dividi et impera” che l’ha fatta sempre da “padrone” sostanziale nella gestione delle dinamiche dei gruppi.
Non bisogna essere dei sociologi o dei politologi raffinati per coglierne il senso e la portata. I tempi cambiano, le esigenze pure.
Farsi lacerare dalle divisioni di mera facciata (perchè molte delle “divisioni concettuali” attuali sono soltanto quello), è molto più di una sciocca disattenzione. Sarà “fuori dal mondo”, ma gridare “basta con le mere contrapposizioni dialettiche e basta con le formule vuote” ha più senso dei reiterati e continuati rivoli concettuali superfetanti e fuorvianti nei quali siamo pur costretti, quotidianamente ad imbatterci. Ciò che davvero conta sono i contenuti perchè sono “le soluzioni” possibili e praticabili che risolvono i problemi: le mere, astratte “formule magiche” sono solo sterile demagogia.
Nella contrapposizione tra “generi opposti” – e il riferimento è solo politico – la “medietà ” può essere davvero un criterio di virtù.
E’ vero che la nostra dimensione culturale – o anche sottoculturale, per chi proprio vuole vedere tutto nero – non è pronta per le grandi battaglie dei tempi perchè il cristianesimo, il senso della pietas, il “socialismo” di cui è pregno il sistema di conservazione del potere e quello stesso senso del giusto o dello sbagliato di “italico colore” rendono oggettivamente anguste le grandi rivoluzioni concettuali.
Un paese che ha sempre vissuto di ‪‎socialismo‬ mascherato, non può improvvisarsi ‪‎liberale‬, e un intero popolo abituato alla figura dello ‪Stato-Padre‬ non può improvvisamente “dirsi” a favore del ‪‎Mini-Stato‬: manco lo comprenderebbe. Personalmente ritengo che sia fin troppo comodo – e finanche facile – accettare il mantello della protezione altera ed aliena, proprio al pari dell’oziare e del far finta di niente.
Ma fin troppo facile, è anche pensare che tutti siamo uguali. Nella vita c’è chi ha grandi sogni e ce la mette tutta pur di arrivare alla meta, e chi invece si accontenta della mera “stabilità “.
Una società evoluta e davvero sensibile a quei distinguo che sono il sale della reale libertà , sa cogliere e propugnare, sia la molteplicità delle sfaccettature possibili, sia quel senso di equità e giustizia che non dovrebbe mai mancare a qualsivoglia azione di Governo.
Nell’ideale Patria degli appassionati, le locuzioni danno spessore, valore e sostanza ai concetti più profondi.
In una società distratta e sprovveduta, invece, quei distinguo diventano soltanto sterile ed asettica contrapposizione e “confusione”.
Si vada al “dunque”, quindi, perchè solo quello ci può rendere “virtuosi uomini” del nostro tempo.
Uno Stato più snello, più efficace ed efficiente è una necessità oggettivamente cogente. Gli sprechi propri di una nomenclatura abituata a vivere di sterili contrapposizioni pur di conservarsi sostanzialmente inalterata nel tempo, sono parimenti inaccettabili.
L’odierno mondo ha bisogno di dimensioni nuove e di una spinta sinceramente rivoluzionaria, soprattutto nella capacità di saper rispettare le diverse prospettive personali, perchè, se da un lato non si può attaccare il socialismo imponendo “la patria dei liberi” – quelli che devono a tutti “i costi trottare”, lasciando “indietro” chi vuole vivere la propria vita in modo più semplice e modesto — dall’altro lato, non si può attaccare il “liberismo” assumendo l’assoluta persistenza dell’egalitaria necessità .
E’ vero che una società evoluta assicura a tutti analoghe condizioni di base ma “quell’evoluzione” è reale soltanto se è capace di rispettare tutti i brocardi della naturale dimensione della realtà : gli uomini non sono tutti uguali e agli stessi non può essere negato il diritto di viversi differentemente dalla massa e di ambire ai traguardi anche più ambiziosi.
Anzi, uno Stato all’altezza del proprio compito, farebbe del “merito” il primo motore immobile di qualsivoglia discernimento e di qualsivoglia implementazione concettuale, operativa e metodologica.
Uno Stato che dovrebbe essere altresì capace di non delegare sempre ai privati ciò che invece gli competerebbe per “vocazione quasi naturale”.
Non so perchè, eppure la mente “corre veloce” alle tematiche del “costo del lavoro” e alla gestione delle esigenze abitative.
Non si può continuare ad assumere che il benessere dei lavoratori passi sempre e soltanto per gli eccessivi costi di produzione a carico dell’impresa, proprio come non si può sempre assumere che le esigenze abitative dei meno fortunati debbano passare per la compromissione di quei diritti di proprietà che sono costati sacrificio.
In ogni cosa ci vuole equilibrio, misura e buon senso.
Perdere il “lume della ragione”; non assumersi il senso profondo del proprio dovere e non affrontare le questioni per quel che davvero sono, ci pone tutti fuori della storia.
Stato compreso…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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