L’ITALIA E LA CRISI LIBICA: IL VOLTAFACCIA OBBLIGATO E IL TRADIMENTO DELLA LEGA
UN’ITALIA “BADOGLIANA” PROTAGONISTA DI UN CAROSELLO GROTTESCO: ANCORA AD AGOSTO PER BERLUSCONI GHEDDAFI ERA UN EROE IRREDENTISTA, UN RIFORMISTA E UN AMICO… QUANDO ERA LA SINISTRA RADICALE A VOTARE CONTRO GLI INTERVENTI BELLICI ERANO “TRADITORI DELLA PATRIA”, ORA CHE LO FA BOSSI NESSUNO LO CACCIA DAL GOVERNO
Ecco, la farsa della gheddafeide scrive una nuova puntata.
Siamo di nuovo in guerra: e dunque l’Italia è di nuovo fatalmente inchiodata alla caricatura della propria storia, di nuovo “badogliana”, di nuovo cialtrona, di nuovo protagonista di un voltafaccia clamoroso, di un carosello grottesco, drammatico (e al tempo stesso comico), in una giornata di decisioni irrevocabili, di esternazioni governative surreali e di equilibrismi che in un Paese serio sarebbero accompagnati dal ricorso al sacrosanto istituto delle dimissioni.
“È possibile una nostra partecipazione militare”, assicurava ieri Ignazio La Russa.
Mentre Franco Frattini aggiungeva, con l’aria di chi deve giustificare qualcosa: ”Sarà una missione che comprende il blocco navale sulle coste libiche e che ha anche un potente effetto di deterrenza sull’immigrazione”.
Come sembrano lontani quei giorni di agosto – meno di un anno fa – in cui Silvio Berlusconi, con a fianco il sorriso radiosamente inerte del suo ministro degli Esteri assicurava spavaldo: “Il Trattato di amicizia italo-libico porterà dei vantaggi per tutti e chi non lo capisce, purtroppo in questi giorni si sono sentite delle critiche, appartiene al passato ed è prigioniero di schemi superati”.
Di più: “Ora noi – diceva Berlusconi il 30 agosto 2010 – vogliamo guardare avanti”. (È bene ricordare che contro il trattato votarono solo Radicali, dipietristi e due deputati del Pd – Sarubbi e Colombo – si opposero, fuori dalle aule, le sinistre radicali di Vendola e di Diliberto).
Ma dei proclami e delle professioni di realpolitik da ieri non resta traccia: tutto cancellato, per incanto.
Dunque, a sentire i suoi ministri, l’Italia parteciperà al conflitto contro il regime di Tripoli, mettendo a disposizione basi, navi e persino aerei.
Per un intervento che – per fortuna – non ha ragioni coloniali, ma umanitarie. Eppure, ieri, per capire lo stato dell’arte, bastava guardare la faccia del ministro Frattini, mentre con aria vagamente sbattuta, declinava nella commissione del Parlamento la totale ritrattazione della propria politica estera.
È anche per questo che il governo arriva alla svolta male, malissimo, pressato (se non costretto) dall’America e dalla Comunità internazionale, con i nostri ministri che perdono quel poco della faccia che gli era rimasta, in un’audizione quasi surreale.
Se non altro paragonata con le celebrazioni sdraiate, i caroselli di frecce tricolori, le professioni di amicizia Italo-libica in cui (solo l’estate scorsa) accoglievamo Gheddafi come un amico e un eroe irredentista (ancorchè impecettato della foto di un guerrigliero anti-italiano) impegnandoci solennemente a negare l’uso delle basi per un intervento contro il suo regime.
Ovvero: proprio il contrario di quello che Frattini ha annunciato ieri, con tanto di appello (recitato da La Russa) dei sette siti militari che parteciperanno all’attacco.
Com’era ammirato il nostro ministro degli esteri, solo pochi mesi fa: “Gheddafi ha realizzato una riforma che chiama dei Congressi provinciali del popolo: si riuniscono assemblee di tribù e potentati locali, discutono e avanzano richieste al governo e al leader. Ogni settimana Gheddafi va lì e ascolta. Sono segnali positivi” (era il 17 gennaio 2010).
E come era cauto, e “neutralista”, ancora pochi giorni fa: “Non dobbiamo dare l’impressione sbagliata di voler interferire, non sarebbe rispettoso della sovranità e dell’indipendenza dei popoli” (21 febbraio 2011).
Dunque siamo davvero di nuovo “badogliani”: un paese che non rispetta i trattati e che cambia fronte a guerra in atto.
Ed è un governo che arriva alla scelta giusta senza possibili attenuante o giustificazioni, dal momento che, lo stesso premier, e gli stessi ministri che avevano ospitato con onori e salamelecchi la tenda di Gheddafi, dichiarano guerra al dittatore che avevano magnificato.
Se può esserci un altro corollario grottesco è in un paradosso simbolico che Berlusconi deve fronteggiare: la sceneggiatura hard delle ultime intercettazioni sulle mantenute dell’Olgettina.
Quelle che vantavano l’attitudine alla prostituzione (“Sono una troia-troia-troia-troia…”) in un paese in cui il Bunga Bunga è diventato un genere letterario di importazione libica, per ammissione dello stesso premier.
L’ultimo tassello ridicolo – come se non mancassero elementi comici – è l’assenza in aula della Lega (e persino degli autoproclamati “responsabili”!), che non partecipa al voto, rendendo determinante il sostegno delle opposizioni.
Dice Umberto Bossi: “Mi comporto come gli statisti tedeschi”.
Peccato che quando era la Sinistra radicale a distinguersi, il centrodestra gridava:“Traditori della patria”.
Ma a questo governo si perdona tutto: le gaffe sull’emergenza rifiuti, le panzane sul nucleare (che prima era priorità assoluta, e ora diventa “argomento di riflessione”), la politica estera fast food.
C’è, nel valzer scomposto di questa gheddafeide, la fotografia fuori fuoco di un governo che affronta drammi, senza mai sembrare serio.
Ps. Indovinate quando ha convocato il consiglio dei ministri sulla Libia, Berlusconi? Proprio lunedì.
Così non può andare dai giudici.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply