“LITIGANO E NON SAPPIAMO NULLA, COSÃŒ È DURA AVERE FIDUCIA”
GENOVA SI FERMA PER COMMEMORARE LE 43 VITTIME… TRA GLI SFOLLATI LACRIME E RABBIA
Una donna si avvicina alle transenne. Tra singhiozzi e lacrime chiede alla Protezione civile di poter passare per posare, tra le macerie del ponte Morandi, il girasole che ha in mano: “Qui sono cresciuta e ora non c’è più nulla. Non sappiamo cosa succederà “. Accanto a lei c’è il figlio, un ragazzo con addosso la maglia bianca “Genova nel cuore”.
Poco più in là i bimbi di una scuola elementare regalano ai Vigili del Fuoco quarantatrè cuori rossi in cartone. Quarantatrè come le persone che nel crollo del 14 agosto scorso hanno perso la vita. A loro le autorità chiedono di avere fiducia nel futuro, che la ricostruzione sarà rapida, ma è difficile avere fiducia, ci spiegano.
Quando l’orologio sta per segnare le 11.36, l’ora esatta in cui il ponte un mese fa è crollato, le strade adiacenti la zona rossa si riempiono e la città intera si ferma.
Qui attorno ci sono i genovesi, sfollati e non, soccorritori e volontari.
Tutti vogliono ricordare il dramma che ha sconvolto la città . Lo fanno anche con uno striscione con scritto in rosso a caratteri cubitali: “La comunità vuole rinascere”.
È come un urlo di dolore rivolto allo Stato nel minuto di silenzio. Genova vuole e pretende di rinascere, ma la fiducia delle persone si infrange nelle transenne se non fosse per i volontari che fanno avanti e indietro per posare lumini e fiori dentro quell’area non più percorribile da un mese.
“È dura parlare di fiducia quando non sappiamo nulla sulla ricostruzione del ponte e tutti attorno litigano”. Mariuccia Fossati non ha dovuto lasciare la casa perchè abita qualche traversa più in là rispetto alla zona rossa. Ma accanto a lei c’è Marenco Battista: “Il mio è il primo palazzo sotto il ponte. Sono andato via da casa mia e ora mi tocca pagare l’affitto. E se non lo pago mi cacciano. Aspettiamo i soldi del rimborso, arriveranno? Spero, intanto ho dovuto pagare anche i mobili”.
Pantalone scuro e polo verde, Marenco ride amaro come solo un anziano rassegnato può fare: “Ormai sono morto. Con questi vestiti sono uscito da casa un mese fa e con questi vestiti sono rimasto. Non ci fanno entrare perchè solo oggi dovrebbero montare i sensori. Dopo un mese, capito?”
Intanto le ruspe si sono fermate per un minuto di silenzio.
Subito dopo in tutta la città si sentono rimbombare quarantatrè tocchi di campana e poi un lungo applauso dedicato ai bambini, alle giovani coppie, ai lavoratori, ai ragazzi sulla via del mare e agli anziani che hanno perso la vita un mese fa. I palloncini bianchi e rossi volano verso il cielo.
Ad alcune centinaia di metri dalla zona rossa, su un ponte ci sono le autorità . Ci sono il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, il sindaco di Genova Marco Bucci, il Prefetto Fiamma Spena e monsignor Nicolò Anselmi, vicario del Cardinale Angelo Bagnasco. Accanto a loro i familiari di alcune delle vittime. Fasci di fiori vengono lasciati sul ciglio della strada. Qui nessuno ha voglia di parlare.
Ma nonostante il minuto di silenzio, quel frastuono, quel rumore di una bomba, come lo definiscono ancora oggi i genovesi, è ancora qui, attorno a ciò che resta del ponte Morandi e persiste nella rabbia di chi non vede quei segni di ricostruzione e di rinascita, promessi e sperati.
(da agenzie)
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