LUCA BIZZARRI E IL CASO LIGURIA: “QUADRO DESOLANTE MA E’ IPOCRITA STUPIRSI ORA”
“TRENT’ANNI FA SI SCENDEVA IN PIAZZA, ADESSO E’ COMODO INDIGNARSI DAL DIVANO”… “CON TOTI NON CI SIAMO LASCIATI BENE”
«Il commento alle accuse dei pm non ve lo faccio, ma più che altro perché più che preoccuparmi per loro mi preoccupo per noi, anzi di noi». Suona così e non sorprende, la prospettiva dalla quale Luca Bizzarri sceglie di parlare dello scandalo che ha investito la sua regione. Il rovesciamento dell’inquadratura è la prima regola del racconto del Paese che l’attore genovese fa con il suo seguitissimo “Non hanno un amico”, il podcast diventato spettacolo teatrale diventato libro, e può valere da schema di comprensione anche per la Tangentopoli ligure.
«Aspettiamo le sentenze, chissà tra quanto, — punge Bizzarri, che dal 2017 al 2022 è stato presidente di Palazzo Ducale, a Genova, voluto dal centrodestra di Toti — per ora noto le colpe di tutti noi, che in questi giorni stiamo a guardare, giudichiamo, sotto sotto un po’ godiamo perché nei guai ci stanno gli altri».
I guai saranno di altri, ma sulla pelle di tutti. Nell’inchiesta ci sono concessioni pubbliche e il governo della regione.
«Io non so cosa ne verrà fuori, né quanto riusciranno a dimostrare i giudici delle accuse mosse agli indagati, ma a colpirmi sono la marea di intercettazioni inutili che ci hanno dato la possibilità di leggere, il gusto di farci gli affari degli altri, un certo voyeurismo nei confronti di persone ormai completamente sputtanate. La nostra barbarie, non la loro».
Ma scusi, e le accuse di corruzione? I favori? Gli appalti?
«Temo i rapporti tra la politica e il mondo degli affari siano sempre stati questi. Io ti sostengo, tu mi favorisci. Ma davvero gli imprenditori finanziano la politica sperando in un tornaconto? Ma chi mai se lo sarebbe aspettato! Chi si stupisce o peggio pensa queste cose avvengano solo da una parte, oggi, è un po’ ipocrita»
Sono tutti uguali, pensa questo? Non suona un po’ troppo qualunquista, per uno come lei?
«Non credo, ma davano del qualunquista persino a Giorgio Gaber, figurati se mi preoccupo. Ma penso Toti non sia la sola pecora nera del sistema. E che la Tangentopoli vera, se siamo ancora qua trent’anni dopo, evidentemente ci ha insegnato proprio poco. Stessi problemi, stessa voglia di un Craxi a cui lanciare le monetine».
Allora gli scandali portavano la gente in piazza, ora neanche quello.
«Adesso ci indigniamo da casa, sul divano: è più comodo, ci evita le scale e i social fanno pure sentire più forte la nostra imperdibile opinione».
Possibile sia più desolante il quadro di chi assiste allo scandalo, però, che quello dei protagonisti dell’inchiesta?
«Che il quadro che emerge dall’inchiesta sia desolante, basta pensare alla naturalezza e il pelo sullo stomaco con cui gli intercettati parlavano di certe cose al telefono. Che fosse desolante il quadro politico in Liguria, poi, io l’ho capito il giorno dopo il mio insediamento come presidente al Ducale. Primo contatto con la politica cittadina, e mi ritrovo al tavolo con uno con una ruspa sulla cravatta. Una ruspa. Sulla cravatta».
A volerlo al Ducale fu Toti, la Lega non l’ha mai granché digerito.
«Con Toti mai più sentiti, non ci siamo lasciati benissimo. Ma il problema vale per tutti, ed è che chiunque gestisca la cosa pubblica, ormai, pensa di poterlo fare come gli pare. Manca il senso dello Stato, e basta aprire i social per capirlo, davanti ai politici comici, i politici intrattenitori, Salvini che litiga con il Brasiliano, Vannacci che parla come mio nonno negli anni Ottanta, il Pd che chiede la testa di Rovazzi».
Quanto peserà, questo scandalo, sulla partecipazione alle elezioni?
«Credo poco, in questa politica ormai partecipare è tifare, votano gli ultras. A destra voteranno a Genova, come a sinistra a Bari. E se me lo chiedi vuol dire che neanche anni di Berlusconi, ci hanno insegnato. Non ha mai perso un voto per le perculate dei comici, figuriamoci per i processi».
Berlusconi rimane Berlusconi, e Meloni?
«Lei perderà pure qualche voto, ma governerà comunque per i prossimi 300 anni. Nonostante i ministri chi si è scelta da tenersi intorno».
(da agenzie)
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