MARINE LE PEN RISCRIVE LA STORIA E ASSOLVE LA FRANCIA PER I RASTRELLAMENTI DEGLI EBREI AL VEL D’HIV
LO SCIVOLONE DEL NEGARE UN FATTO ASSODATO DA TUTTI GLI STORICI D’OLTRALPE E’ ANCHE UN GRAVE ERRORE DI COMUNICAZIONE CHE AZZERA I TENTATIVI DI ACCREDITARSI DIVERSA DA SUO PADRE
Marine l’ha sparato grossa. Nell’ansia di riscrivere la Storia ad uso elettorale, Madame Le Pen ha detto che «non ci sono state responsabilità francesi» nello sciagurato rastrellamento di Vel’ d’Hiv, estate 1942, quando la polizia del governo collaborazionista di Vichy consegnò ai nazisti tredicimila ebrei «stranieri» (cioè non francesi) che vennero tradotti nei campi di sterminio.
Una macchia nerissima nella storia francese, tardivamente e parzialmente sanata cinquant’anni dopo da Jacques Chirac, con le scuse della Rèpublique espresse nel gesto – forse – più solenne dei suoi dodici anni all’Eliseo.
E sull’avvenimento non c’è disputa storica.
Ma perchè l’accortissima Marine Le Pen è scivolata nella prima fake news modello Trump? Lei che si è costruita in anni di lavoro politico per affrancarsi dalla figura del padre Jean-Marie in quell’operazione detta di «dèdiabolisation» che in Italia chiamammo «sdoganamento» ?
Marine ha poi precisato di considerare quello di Vichy un governo «non francese» . Ma è davvero difficile crederle. Oggi la comunicazione politica è studiata nei minimi dettagli fino al body language e alla mimica da tenere nei dibattiti tv.
E allora? Ci può aiutare a capire un libretto da poco uscito in Francia e curato da Michel Eltchaninoff, caporedattore di «Philosphie Magazine», il quale ripetendo un fortunato esercizio compiuto con Vladimir Putin è entrato «nella testa» della candidata («Dans la tete de Marine Le Pen», editore Actes Sud) e dissezionato i suoi discorsi. Rispetto al padre antistatalista, ammiratore di Churchill e Reagan, la Le Pen ha riorientato la linea di partito in senso sociale. E se il padre considerava le camere a gas un «dettaglio nella storia», lei si dichiara «pro sionista» dal 2011 (intervista al quotidiano israeliano «Haaretz»).
Ma nella descrizione del «nemico» storico ricasca in tutti gli stereotipi del «vangelo» antisemita per scagliarsi contro quelli che puntano a dominare il mondo «costruito per l’uomo senza radici, nomade e schiavo dell’ordine mercantile… banchieri, industriali, uomini politici e giornali, estranei alla storia del Paese».
Il trucco retorico è palese: chi ha orecchie per intendere intende benissimo e non c’è dubbio che i soggetti sensibili siano numerosi.
In un saggio da poco pubblicato da Marsilio («La Francia in nero») lo storico Marco Gervasoni ricompone con grande cura i fili neri che attraversano la cultura politica francese e cita un sondaggio di metà degli Anni Sessanta, dove solo il 10 per cento riconosceva la «Shoah» e ben il 58 per cento considerava gli ebrei «troppo potenti».
(da “La Repubblica”)
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