MEETING DI RIMINI E LA MANCANZA DI UNA BUSSOLA
CL NEL LIMBO DEGLI APPLAUSI PER CHIUNQUE SIA IN MOVIMENTO, ANCHE SE NON E’ CHIARO VERSO QUALE META
Il limbo di Comunione e liberazione. Dopo la passione berlusconiana, l’amour fou per Matteo Renzi, per non parlare dell’epoca andreottiana, ora il Meeting di Rimini è stato folgorato dalla non scelta.
Questa edizione all’insegna dello smarrimento e della ricerca di appigli segnala la debolezza di un movimento che, nonostante abbia ancora un suo spazio nella società italiana, è in stato confusionale.
Il limbo è quello in cui i ciellini non sanno se sposare davvero e fortemente l’ipotesi delle larghe intese, anche perchè come si è sentito in questi giorni lamentano il fatto che nè Berlusconi nè Renzi le vogliono esplicitare per ovvi motivi da campagna elettorale.
E non sanno fino a che punto personalità , sia pure a loro gradite come Paolo Gentiloni ed Enrico Letta, possano avere un futuro pesante nel quadro politico che si delineerà dopo le prossime elezioni.
Ed è così che il popolo di Cl ha solcato per sei giorni, talvolta spaesato, i lunghi corridoi della Fiera di Rimini.
Dopo il pienone della fase iniziale, il calo delle presenze non passa inosservato. Spazi vuoti, poche persone tra gli stand o a chiacchierare vicino le piscine.
Nonostante questo gli organizzatori comunicano che i numeri sono gli stessi dell’anno scorso, ovvero 800mila presenze, e mostrano una tabella: “Vedete, rispetto allo scorso anno sono stati emessi 2000 scontrini in più”.
Dalla riviera romagnola si getta lo sguardo un po’ a destra e un po’ a sinistra. Guardando nel campo berlusconiano emergono da una parte una disaffezione per il leader di Forza Italia, al netto di qualche nostalgia, e un interesse in chiave cattolica-Ppe verso il moderatismo di tipo europeo incarnato da Antonio Tajani.
Tra gli stand si aggira, in scarpe da ginnastica da chi qui c’è sempre stato, Maurizio Lupi.
Saluta gli amici ma non è più la star di una volta quando il padrone di casa era Roberto Formigoni, ormai assente. Lupi non partecipa a un panel dal 2013 e quest’anno preferisce non parlare con la stampa.
Segno che i guai di un partito spaccato sulla posizione da tenere alle elezioni regionali siciliane incombono anche qui soprattutto quando nello stesso giorno si ritrovano nei salotti del Meeting il leader di Ncd Angelino Alfano e il braccio destro del leader di Forza Italia, Valentino Valentini.
Il ministro degli Esteri è qui per parlare di migranti e nella platea c’è chi si spella le mani per applaudirlo.
Perchè il limbo è fatto così: di applausi. Tutto lo smarrimento di questa fase dubbiosa di Comunione e liberazione è punteggiato da scoppi di entusiasmo, e per certi versi contraddittori, nei confronti degli ospiti che hanno scelto questa platea dimostrando di volerle dare importanza.
Luciano Violante e Fausto Bertinotti, due figure agli antipodi, due sinistre un tempo radicalmente opposte e oggi un po’ meno ma sempre diverse, sono state salutate con ovazioni quasi da stadio.
Uno degli oggetti polemici di Cl è sempre il progressismo ed è questo il motivo per cui l’accoglienza nei confronti di chi è partito da posizioni progressiste per arrivare a una revisione almeno parziale delle medesime è stata particolarmente calorosa.
Qui vanno citati gli applausi a Bertinotti, a Violante e Gherardo Colombo. Questi ultimi due, provenienti tra l’altro, sia pure in epoche diverse, da quella matrice cosiddetta giustizialista che presso il meeting di Rimini non ha mai trovato audience e anzi ha provocato ostilità .
Eppure nella riviera romagnola il racconto è cambiato. Il limbo è un luogo tipicamente non roccioso, anzi è un terreno mobile e chiunque sia culturalmente in movimento anche con accenti autocritici (a proposito i ciellini per la prima volta hanno tentato autocritica su se stessi) viene considerato, da questo popolo mutante, una sorta di compagno di viaggio.
Non vogliono parlar di politica e di partiti, almeno apertamente.
Le due interviste apparse alla vigilia del Meeting, quella della presidente Emilia Guarnieri su Repubblica in cui viene detto che le larghe intese non interessano, e quella del presidente della Fondazione per la sussidiarietà Giorgio Vittadini a favore invece delle larghe intese alla tedesca, hanno creato parecchio scompiglio nel popolo ciellino.
Ed è per questo, che nella 38esima edizione del Meeting, I vertici sono stati ben attenti ad evitare endorsement o schierarsi da una parte o dall’altra. A parte le belle parole spese per Letta e Tajani allo stesso tavolo: “Sono loro quelli che ci piacciono”, ha detto Vittadini. Ma si parla comunque di persone che oggi si trovano in panchina. E sta di fatto che, per evitare scivoli e prendere posizioni più secche come ci si aspetterebbe da chi in passato lo ha sempre fatto, la consueta conferenza stampa finale viene annullata: “Manderemo un comunicato”, viene riferto.
È pur vero che la fascinazione per il potere da queste parti si trova sempre, anche se non viene più esibita in maniera plateale e smodata come ai tempi della ola per Andreotti, delle urla “Chi non salta comunista è” per salutare Berlusconi, e dei selfie di Renzi.
Adesso nelle parole dei militanti Cl, anche dei più giovani e ce ne sono tanti, emerge un dato: “Cos’è il potere, dove è e cosa è?”, chiede uno studente di Milano. Da questo punto di vista il Meeting è uno specchio della società italiana.
C’è la sfilata dei ministri acclamati spesso a prescindere, così come è stato applaudito il sindaco di Venezia Brugnano nonostante abbia detto che se una persona urla Allak Akbar va abbattuto subito.
È presente mezzo governo da Angelino Alfano di Ncd all’ex Cgil Valeria Fedeli passando per Giuliano Poletti, proveniente delle Coop, apprezzato anche lui: “La frase ‘Per trovare lavoro è meglio una partita a calcetto che mandare curriculum’ è giusta”, dicono i più giovani che hanno curato una mostra sull’occupazione all’ingresso della quale hanno posizionato un campo di calcetto citando le parole del ministro.
Renziani pochi. Più che altro sono presenti sindaci come Dario Nardella e Matteo Ricci. Ma da queste parti il nome del segretario Pd Matteo Renzi è quasi impronunciabile.
Eppure è sempre il convitato di pietra quando dal palco qualcuno dice, soprattutto Vittadini, no al one man show o all’uomo solo al comando.
Questa per il momento sembra essere l’unica certezza in casa Cl, ma fino a quando il quadro politico non sarà chiaro un endorsement vero e proprio non ci sarà . Rimangono la simpatia per Paolo Gentiloni e gli applausi che gli sono stati concessi. Ma come si sa, alla Fiera di Rimini, il premier riscuote sempre consenso, ma attenzione a considerarlo un punto di riferimento per Cl che, nella sua perdita di centralità , ha scoperto la non scelta.
(da “Huffingtonpost”)
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