“MIA MADRE, OSTAGGIO DEL REGIME, RISCHIA ANNI DI CARCERE”
LA PRIMA INTERVISTA A MADINA, LA FIGLIA MAGGIORE DI ALMA E MUKHTAR
«Alma, mia madre, ora è ad Almaty, a casa dei genitori. Viene monitorata, filmata e pedinata da vicino. È trattenuta in Kazakhstan come ostaggio. In aeroporto, al suo arrivo dall’Italia, le hanno consegnato gli atti di accusa e un provvedimento che prevede l’obbligo di dimora ad Almaty. Rischia anni di prigione ».
Madina Ablyazovova, 25 anni, è la figlia maggiore di Alma Salabayeva e di Mukhtar Ablyazov, la coppia kazaka che è sulle prima pagine dei giornali di tutto il mondo e la cui vicenda sta mettendo a rischio il governo italiano.
Questa è la sua prima intervista.
Madina, può descrivere lo stato d’animo di sua madre?
«Innanzitutto vorrei dire questo: mia madre non è mai stata una fuggitiva. È una persona molto positiva, e però come madre è preoccupata per il benessere della propria famiglia. Quando il regime kazako l’ha presa, e subito dopo essere stata mandata in Kazakhstan contro la sua volontà , le autorità kazake hanno mosso delle accuse penali nei suoi confronti per poter fare di lei un ostaggio. Ha sempre avuto con sè documenti validi, che confermavano il suostatus sia in Inghilterra che in Europa. Inoltre, ha sempre avuto un passaporto kazako emesso regolarmente».
Mi racconta la storia di sua madre?
«È nata il 15 agosto 1966 a Zhezdi, una piccola cittadina del Kazakhstan, che all’epoca faceva ancora parte dell’Unione Sovietica: divenne uno Stato indipendente nel 1991. Mia madre è vissuta a Zhezdi fino a 18 anni. La sua era una tipica famiglia sovietica: mia nonna era un’infermiera e mio nonno dirigeva una copisteria di proprietà dello Stato. Mia madre ha studiato Matematica all’università statale kazaka, dal 1984 al 1990. Dopo avere incontrato mio padre, è divenuta una casalinga a tempo pieno. In famiglia siamo quattro figli. Lei ha dedicato tutta la sua vita a noi».
Quando ha incontrato Mukhtar?
«Mio padre e mia madre si sono conosciuti nel 1987, durante un torneo di scacchi. Giocavano uno contro l’altro e lei perse. Lei ci restò così male che iniziò a piangere. Mio padre fu talmente commosso dalle sue lacrime, che la invitò ad uscire. Un anno dopo, nel 1988, si sposarono».
Com’era la loro vita insieme?
«Durante i primi anni vivevano in una piccola stanza all’interno di una Comune. Erano entrambi studenti. Dopo la laurea, mio padre iniziò a lavorare nel Dipartimento di Fisica dell’Università Statale kazaka. Scriveva anche articoli per il giornale degli scacchi e per altre riviste. Quando sono nata io, vivevamo tutti e tre in una piccola stanza. A nove mesi, mi ammalai di polmonite. Avevamo bisogno di soldi per pagare i dottori e le cure, ma gli accademici non erano ben stipendiati. Perciò mio padre decise di iniziare una sua attività e diventò imprenditore per mantenere la famiglia».
Poi tutto cambiò quando Ablyazov divenne ministro e banchiere?
«Mio padre è un gran lavoratore, una persona molto diligente. Insegue le sue passioni e i suoi sogni finchè si realizzano. A capo della rete elettrica nazionale, ha ricostruito e dato nuova vita alsettore energetico del Kazakhstan. Ha preso in mano un’industria gestita male e l’ha ricostruita completamente, trasformandola in un sistema moderno e funzionale, ponendo solide basi che hanno permesso oggi all’industria kazaka di essere competitiva. In seguito, in qualità di ministro dell’Energia, dell’Industria e del Commercio, ha implementato riforme rivolte al mercato e ha scritto la bozza della “Nuova politica industriale” del Kazakhstan, un programma per il miglioramento e la diversificazione dell’economia del Paese. In veste di banchiere, ha dimostrato ancora una volta la sua abilità nel seguire le proprie passioni, costituendo una delle principali banche private dei mercati emergenti mondiali. Nonostante la sua carriera e gli impegni, è sempre stato un padre e, per i miei bambini, un nonno meraviglioso ».
Perchè ha rotto con Nazarbaev?
«La rottura non è avvenuta da un giorno all’altro. Mio padre criticava il regime intimidatorio, criminale e repressivo costruito da Nazarbayev. Mio padre è un visionario. Ha sempre creduto che la sovranità di una nazione dipenda dalla libertà delle persone che ne fanno parte e dal loro diritto di decidere del proprio futuro. I valori democratici e la libertà di espressione sono sempre stati alla base dei principi e delle ambizioni politiche di mio padre. Poco dopo aver fondato la Scelta democratica del Kazakhstan, il partito politico di opposizione a Nazarbaev, è stato imprigionato e torturato. Sono convinta che ciò non lo abbia mai dissuaso dal credere in un futuro di prosperità per il suo Paese e il suo popolo. Ecco perchè questa battaglia politica continua».
Prima di arrivare a Roma, nel settembre del 2012, cos’è successo a sua madre?
«Dal 2003 è vissuta a Mosca, in Russia, dopo che Amnesty International ed altri aiutarono mio padre ad uscire dal carcere. Nel 2005, la mia famiglia si trasferì di nuovo in Kazakhstan dove restò fino a che s’inasprirono i contrasti con il Presidente Nazarbayev. Nel 2009 la famiglia fu costretta a trasferirsi in Inghilterra, dove mio padre ricevette asilo. Durante i loro 26 anni di matrimonio, mia madre gli è sempre stata al fianco, fatta eccezione per il periodo in cui lui era in prigione. Tuttavia, a causa della costante sorveglianza da parte degli agenti del regime di Nazarbayev, cui la mia famiglia era sottoposta in Inghilterra, per tutelare la sicurezza e la privacy della mia sorellina, mia madre lasciò mio fratello minore a vivere con me, e portò lei in una scuola italiana. Ma le possibilità dei nemici di mio padre non hanno limiti nè confini, come dimostrato ancora una volta dall’espulsione straordinaria e, di fatto, dal rapimento di mia madre e di mia sorella, da parte dell’Italia. Un oppositore politico come mio padre, e come tutti coloro che protestano contro i regimi dittatoriali, non è al sicuro da nessuna parte».
Cinzia Sasso
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