MORTI ABBRACCIATI SUL GOMMONE ALLA DERIVA: “NON SI CONOSCEVANO, IN COMUNE AVEVANO SOLO LA DISPERAZIONE”
SULLA NAVE DELLA NOSTRA GUARDIA COSTIERA ANCHE I CADAVERI DI UNA RAGAZZA E UN RAGAZZO SOMALO, MORTI DI STENTI IN MEZZO AL MARE… E IN ITALIA CI SONO ANCORA DEI RIFIUTI UMANI CHE PARLANO DI PACCHIA
È approdata verso le 7 di mercoledì mattina nel porto di Catania la nave Diciotti della Guardia Costiera Italiana, trasportando 932 migranti salvati negli ultimi giorni nel corso di sette operazioni di soccorso effettuate al largo della Liba. ù
Sull’imbarcazione, anche due cadaveri recuperati durante i salvataggi: si tratta di due somali, una ragazza e un ragazzo, morti sul gommone prima che arrivassero i soccorsi. Se ne stavano lì, in mezzo al mare, abbracciati a darsi manforte nella disperazione e negli stenti.
La loro storia viene raccontata oggi sulle pagine de Il Corriere della Sera
Il medico legale sale a bordo per primo, deve fare accertamenti sui due morti che la Guardia Costiera ha recuperato durante una delle operazioni di salvataggio, fra sabato e lunedì. Quando ha finito, il dottore si avvicina ai colleghi della Sanità Marittima e dice che no, quei due non sono morti annegati. Erano un ragazzo e una ragazza, giovani, molto deperiti. L’autopsia spiegherà di più ma nei ricordi di chi li ha trovati il solo dettaglio che resterà di quei due poveri corpi è che erano abbracciati, stretti l’uno all’altro su un gommone alla deriva, forse morti di stenti, prima lei di lui.
Eppure i due ragazzi non erano marito e moglie, neanche fidanzati, men che meno parenti o amici. In comune avevano solo la paura e la disperazione, che li aveva spinti a solidarizzare l’un con l’altro in maniera così intima e struggente.
Si erano conosciuti da prigionieri, tutti e due somali, in uno dei campi dell’orrore in Libia. La loro storia passa di bocca in bocca e sulla banchina che accoglie i migranti c’è un silenzio surreale mentre i due corpi lasciano il porto sui carri funebri.
Un attimo dopo è di nuovo fermento, riprende a scorrere il fiume incessante di gente che scende dalla passerella, si ripara dal sole sotto una tenda bianca, si lascia misurare la febbre, mostra le ferite della scabbia.
(da “Huffingtonpost”)
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