NEW YORK TIMES: “L’AQUILA, ESEMPIO DA NON SEGUIRE DOPO L’URAGANO SANDY”
“LE PROMESSE NON MANTENUTE IN ITALIA DEVONO ESSERE UN MONITO PER LA RICOSTRUZIONE DOPO L’URAGANO”
«L’Aquila è lontana da Staten Island o Rockaways, le aree dello Stato di New York più colpite dall’uragano Sandy, ma le difficoltà del capoluogo abruzzese dopo il devastante terremoto dell’aprile 2009 possono essere un monito per New York nella ricostruzione delle zone danneggiate dal passaggio della recente calamità naturale».
A sostenerlo è Michael Kimmelman, giornalista e massimo esperto d’arte del New York Times, che ha visitato varie volte l’Aquila dopo il sisma. Kimmelman ricorda la costruzione delle «new towns» lanciate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i «tristi, isolati, minuscoli e costosi appartamenti di cui lo stesso Berlusconi si vantò di avere ordinato per gli abitanti della città », rimasti senza un tetto dopo il sisma e collocati «nella periferia della città , tagliati fuori dai trasporti di massa e dalla vita civile». Ma il centro storico dell’Aquila è rimasto deserto, un cumulo di rovine oggetto di «turismo pornografico».
LA RICOSTRUZIONE
La morale, secondo il giornalista, è che sarebbe meglio ricostruire in modo diverso: le case antisismiche in legno costerebbero meno e l’Aquila ricomincerebbe a vivere, anche senza gli edifici in pietra della sua tradizione. E questa è la lezione che anche New York dovrebbe apprendere: «Per diversi motivi L’Aquila è diversa da New York», scrive il quotidiano americano, «ma i suoi ultimi anni suggeriscono che un disastro non distrugge solo case e vite. È un test per l’immaginazione e la capacità di cambiare di una città e di una nazione».
PROMESSE NON MANTENUTE
«Dal giorno del terremoto – prosegue il critico d’arte – le autorità italiane hanno continuato a promettere di restaurare la città al suo antico aspetto, ma meno di una dozzina di edifici sono stati riparati delle centinaia che sono stati danneggiati nel centro della città che è una sorta di città fantasma».
IL SEGNO POSITIVO
«Un segno positivo è arrivato a ottobre – continua Kimmelman – quando il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato nella città abruzzese per l’apertura del nuovo auditorium progettato da Renzo Piano», promosso come «una delle poche iniziative urbane intraprese» nella città dopo il sisma.
In quell’occasione, «Napolitano criticò le “nuove città ” dicendo che avevano sottratto attenzione e risorse» alle sfide più importanti da intraprendere per rimettere in vita il centro cittadino.
Bisogna, secondo il giornalista, abbandonare il «pensiero magico» e la speranza di ricostruire tutto com’era.
«L’Aquila ha bellissimi edifici, fra cui chiese barocche e palazzi di uffici razionalisti del primo ventesimo secolo. Potrebbero essere riaperti. Ma quel che rende speciale la città sono gli spazi pubblici, le strade e le piazze».
LA LEZIONE PER NEW YORK
«La lezione che anche New York dovrebbe apprendere dunque eccola: bisogna pensare all’urbanismo e non fissarsi sulle costruzioni».
Anche nello Stato americano «i funzionari pubblici hanno seguito l’esempio italiano», promettendo a persone distrutte dall’uragano la ricostruzione di interi quartieri, senza ammettere che una politica di ricollocazione è «impossibile».
In molti – cittadini e politici – sembrano aperti a grandi idee, conclude il quotidiano, sostenendo che «una calamità può anche essere un’opportunità per politici ambiziosi e non di meno per un presidente al suo secondo termine (Barack Obama), dunque libero da pensieri con ottiche decennali».
(da “il Corriere della Sera“)
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