BERLUSCONI MANDA A MONTE UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE: “I CANDIDATI LI SCELGO IO”
SALTA L’INTESA PER CAMBIARE IL PORCELLUM…NESSUN RIFORMA E’ POSSIBILE SE IL CAVALIERE SI METTE DI MEZZO
Fallisce l’intesa sulla riforma elettorale. E il colpo di grazia lo spara Berlusconi. L’accordo era lì, a un passo. Questa volta mancava solo la firma. Per metterla in calce al documento finale, si erano dati appuntamento in gran segreto giovedì pomeriggio gli sherpa che alla bozza hanno lavorato per mesi. Denis Verdini (Pdl), Lorenzo Cesa (Udc), Maurizio Migliavacca (Pd), Italo Bocchino (Fli).
Succede tuttavia che proprio Verdini si presenta e alza bandiera bianca: “Mi spiace, ma il presidente Berlusconi ha deciso che così non va, non possiamo accettare, preferisce tenersi il sistema attuale”.
Preferisce il Porcellum, “niente preferenze”, fondamentale poter avere carta bianca nella selezione dei candidati, per dar vita e forma alla nuova Forza Italia.
Senza tenere conto del fatto che la bozza di riforma, che la settimana prossima sarebbe approdata in aula al Senato, prevede anche un limite alle candidature multiple: possibili solo in un massimo di tre circoscrizioni e non in tutta Italia.
E poi con le vecchie regole il Cavaliere confida ancora di poter impedire una maggioranza al Senato.
La nuova bozza, nella stesura definitiva, prevede un premio al raggiungimento del 38,5 per cento (in grado di far lievitare la maggioranza a quota 55).
E se nessuno dovesse superare quella soglia, il primo partito avrebbe un premio comunque pari al 27 per cento dei seggi conquistati.
La sorpresa è generale.
L’ultimo sgambetto era sì temuto, conoscendo i colpi di coda dell’ex premier, ma stavolta non era previsto.
Così, la nave della riforma che sembrava approdata in porto dopo mesi di tempeste, d’improvviso si ritrova in alto mare, destinata al naufragio.
Molti pidiellini vicini ad Alfano contano di recuperare la partita da martedì.
Ma la situazione resta critica.
A perdere le staffe è il segretario Pd Pier Luigi Bersani. In quelle stesse ore di giovedì ha chiamato di persona il Quirinale per mettere in chiaro la situazione. “Presidente, noi ce l’abbiamo messa tutta, questa volta l’accordo lo stavamo firmando” ha premesso.
Detto questo, anche in vista di un messaggio, di un sempre più probabile intervento del Colle, lo scenario cambia, è il senso del messaggio.
“D’ora in poi non potremo più essere messi sullo stesso piano, se la riforma elettorale fallisce la responsabilità non è di tutti i partiti ma in gran parte di uno” ha sottolineato ancora Bersani.
Preoccupazione plumbea, al Quirinale.
Il presidente Napolitano è chiuso nel più stretto riserbo. Ieri un nuovo intervento sulla legge elettorale è stato affidato al segretario generale della Presidenza, Donato Marra, per ribadire le posizioni: una riforma va fatta e in tempi brevi.
E questo, nonostante in scadenza della legislatura.
Perchè è vero che la cosiddetta Commissione di Venezia (la Commissione Ue che ha redatto il “Codice di buona condotta elettorale”) sconsiglia una modifica alla vigilia delle elezioni, ma è anche vero che quel monito “non è vincolante”.
Senza tenere conto del fatto che gli italiani con la richiesta di referendum hanno detto no al Porcellum, che tutti i partiti si erano impegnati a cambiarlo da tempo, che c’è la Consulta ha suggerito infine di fissare una soglia oltre la quale far scattare il premio di maggioranza.
Il Quirinale puntualizza ancora una volta le ragioni e le necessità della riforma attraverso la lettera che Marra ha indirizzato al segretario della “Destra” Francesco Storace (che l’ha subito postata sul suo “Giornale d’Italia on line”) e al radicale Maurizio Turco.
Quest’ultimo, in sciopero della fame da giorni per il motivo opposto a quello del democratico Roberto Giachetti: perchè non vuole cambiare la legge a pochi mesi dal voto.
Il Colle, insomma, resta coi fari puntati.
Finora i lavori sono stati sospesi ufficialmente anche per via delle primarie Pd in corso, ma alla vigilia della ripresa dei lavori al Senato, il clima a questo punto è deteriorato, le trattative arenate.
Pier Ferdinando Casini non ne fa mistero e chiama in causa proprio Berlusconi che minaccia di “far saltare la legge elettorale: il suo sarebbe un rientro infausto”.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica”)
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