OPERAI DELUSI DA M5S E LEGA: “NON E CAMBIATO NULLA”
VIAGGIO NELLE FABBRICHE GENOVESI CHE AVEVANO PREMIATO I PARTITI DI GOVERNO… CHI NON LI RIVOTERA’ SI RIFUGIERA’ NELL’ASTENSIONISMO
Delusione sì, certo, ma soprattutto indifferenza.
Anche a Genova la classe operaia – esiste ancora… – aveva dato una timida apertura di credito ai 5 Stelle (e in minor parte alla Lega) e il voto delle Politiche dello scorso anno lo aveva dimostrato plasticamente.
Perchè la mappa elettorale limitata al territorio comunale era praticamente un monocolore, con il giallo del M5S dilagante nelle vallate del Polcevera e del Bisagno, ma anche a ponente, in quartieri operai come Voltri o Sestri; e poi in contemporanea c’era stato l’exploit leghista, col record per il Carroccio a Genova e in Liguria, attestata sul 20 per cento.
Avvenne anche perchè, seppur confusamente, i due futuri alleati di governo sembravano mostrare una loro sensibilità rispetto al tema del lavoro.
Criticando ad esempio il jobs act varato dal Pd, oppure pensando a norme per evitare le delocalizzazioni delle imprese italiane all’estero, dove il costo del lavoro è minore.
E ora? Bruno Manganaro è il segretario della Fiom Cgil, i metalmeccanici del sindacato di Corso Italia a Roma.
È un uomo di sinistra ma non irreggimentato: racconta le cose per come stanno (per dire, alle scorse elezioni disse che probabilmente si sarebbe astenuto).
Qual è il clima in fabbrica?
“I lavoratori si aspettavano sicuramente di più – spiega Manganaro – si sono sentite tantissime chiacchiere e pochi risultati concreti. Il famoso cambiamento, per il mondo del lavoro, non c’è stato » .
La promessa abrogazione della legge Fornero alla fine ha partorito la molto più modestra ” quota 100″ « e le persone che verranno coinvolte da questa possibilità sono davvero poche”.
Quanto al reddito di cittadinanza, “va a dare giustamente un sostegno a chi un lavoro non ce l’ha. Ma per chi invece lo ha?”.
Le crisi aziendali c’erano prima e ci sono oggi, ai cassintegrati di Ilva le spettanze sono arrivate in ritardo, magari senza assegni familiari, con le integrazioni a fine anno che alla fine hanno fatto aumentare la tassazione: “E dai lavoratori chi viene considerato responsabile se non Luigi Di Maio e il suo ministero?” , ragiona Manganaro. Va detto – continua il sindacalista – che è difficile che questa delusione si trasformi in nuovo consenso per la sinistra: “È considerata l’altra faccia della medaglia. Al salario di chi lavora non sembrano pensarci neanche loro. Da qui la disillusione generale. Perchè anche se qualcuno ha scelto M5S o Lega, bisogna ricordare che gli indici di astensione sono stati altissimi”.
Anche Domenico Saguato, una delle anime di Lotta comunista, formazione con solide base nella working class genovese, è sicuro: “Il consenso per questo governo è basso ma non ci sono travasi in corso, da 5 Stelle a Lega per intenderci. Il punto è che ad oggi non c’è una alternativa, il Pd non sembra capace di approfittarne. Ma rimane una forte incertezza per quanto riguarda le condizioni del lavoro. Quindi finisce che l’astensionismo beneficerà di questa situazione”.
Secondo Alessandro Vella, segretario generale della Fim Cisl, “se non si riparte dal lavoro si va poco lontano e sulle infrastrutture siamo fermi. Non vediamo alcun sviluppo e i dati preoccupanti. Per dire, da ben due mesi aspettavamo un incontro per Piaggio, poi è arrivato fissato per il 26 febbraio ma al di là dei proclami bisogna passare dalle parole ai fatti».
Le fabbriche – commenta – sono luoghi reali, «fatti di persone in carne e ossa con le quali ci raffrontiamo ogni giorno. Il governo farebbe bene a relazionarsi meglio con i corpi intermedi”.
(da “La Repubblica”)
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