ORBAN SOTTO ATTACCO NEL SUO PARLAMENTO: “SBLOCCA IL RECOVERY FUND”
ULTIMATUM DALL’UNIONE EUROPEA… “IL VETO SERVE SOLO ALLE FINANZE DI ORBAN, DELLA SUA FAMIGLIA E DEI SUOI AMICI”
“Orban ha avviato i preparativi per portare l’Ungheria fuori dall’Ue”. A dirlo non è George Soros o uno dei partiti della sparuta opposizione di sinistra in Ungheria.
Bensì Pèter Jakab, leader di Jobbik, partito nazionalista ungherese, il secondo gruppo parlamentare a Budapest dopo Fidesz. Solo 17 deputati contro i 117 del partito di Viktor Orban, ma oggi Jakab non era da solo contro il premier nell’incontro a porte chiuse in Parlamento in vista del Consiglio europeo di giovedì.
Jobbik e tutti gli altri partiti di opposizione hanno chiesto a Orban di togliere il veto sul recovery fund, raccontano i siti ungheresi. Il capo del governo insiste sulla sua linea ma a sera scatta una nuova videochiamata con il ‘partner di veto’ Mateusz Morawiecki, premier della Polonia.
Da Bruxelles la pressione è fortissima sui due paesi dell’est che stanno bloccando il pacchetto di 750 miliardi di aiuti anti-crisi e anche il bilancio pluriennale europeo da 1800 miliardi di euro.
Da Berlino la presidenza tedesca dell’Ue, di turno fino a fine dicembre, ha fatto recapitare a Budapest e a Varsavia l’ultimatum: entro mercoledì devono dare la loro ultima parola. E se continuerà a essere ‘veto’, allora gli altri 25 Stati europei andranno avanti da soli: il recovery fund potrebbe a questo punto diventare un accordo intergovernativo a cooperazione rafforzata o un fondo sul modello del programma ‘Sure’, elaborato dalla Commissione per sostenere le spese di disoccupazione per covid.
La scelta di mettere il veto, per protesta contro le condizioni che legano l’erogazione dei fonti Ue al rispetto dello stato di diritto, sta provocando tensioni nel governo polacco.
Il vicepremier Jaroslaw Gowin non è esattamente sulla stessa linea di Morawiecki e la scorsa settimana ha lasciato intravedere uno spiraglio. Vale a dire la possibilità di chiudere un’intesa con gli altri leader europei sulla base di una dichiarazione politica che sancisca il rispetto della sovranità di tutti gli Stati membri.
Del resto, la Polonia è terza nella classifica della ripartizione dei soldi del recovery fund, subito dopo Italia e Spagna, con oltre 60 miliardi di euro. Perderli sarebbe un peccato.
È uno dei motivi per cui negli ambienti diplomatici di Bruxelles si considera la posizione della Polonia meno granitica di quella ungherese. Se la coppia ‘Orban-Morawiecki’ dovesse scoppiare, Budapest potrebbe avere maggiori difficoltà a isolarsi sul no.
Ma Orban per ora non cede. Nel parlamento ungherese il premier però finisce sotto attacco, pur saldo nella solida maggioranza di Fidesz naturalmente. Ma è un fatto che tutti gli altri partiti, di destra e sinistra, gli chiedano di ritirare il veto.
“Orban vuole paralizzare l’Europa anche se questo finisce per uccidere gli ungheresi”, attacca Jakab, convinto che invece il recovery fund possa tirare fuori il paese dalla crisi.
Del resto, sui criteri di ripartizione anche l’Ungheria è messa bene: ha la quota di fondi più alta pro-capite, in totale oltre 15 miliardi di euro per nemmeno 10 milioni di abitanti. “Il veto costerebbe 250mila fiorini a ogni ungherese”, secondo i calcoli di Tàmea Szabà³ del partito ambientalista ‘Pà¡rbeszèd’.
“Il veto serve solo alla sicurezza finanziaria del primo ministro, della sua famiglia e dei suoi amici”, attacca il socialista Bertalan Tà³th.
“Il premier ha dichiarato guerra, ma la guerra avrà solo degli sconfitti”, dice Erzsèbet Schmuck, di Lmp, i Verdi ungheresi.
“Orban è troppo debole per fare del male all’Europa col veto, ma il veto può causare seri danni all’Ungheria”, dice il Democratico Là¡szlà³ Varju che chiede al governo di usare solo vaccini ‘fidati’.
La replica di Fidesz è sempre la stessa: “Siete al servizio di Soros e di Bruxelles che favorisce l’immigrazione”.
(da “Huffingtonpost”)
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