ORBAN VUOLE RASTRELLARE E DEPORTARE I PROFUGHI, I PAESI DEL NORD VOGLIONO BLOCCARGLI I FONDI EUROPEI
PECCATO AVER AIUTATO L’UNGHERIA AI TEMPI DELL’INVASIONE RUSSA: SE I FRUTTI SONO QUESTI SAREBBE STATO MEGLIO LASCIARLI AL LORO DESTINO COME FANNO ADESSO LORO COI PROFUGHI
Le parole di un leader europeo democraticamente eletto, anche se nazionalista e populista come il premier ungherese Viktor Orban, dovrebbero avere sempre il senso della misura.
La campagna elettorale in vista del referendum sul ricollocamento dei migranti, previsto il 2 ottobre, non giustifica in alcun modo ciò che Orban ha detto: il milione e passa di clandestini approdati in Europa andrebbero secondo lui «rastrellati» e «deportati»
Sono parole che devono far paura perchè pronunciate da un capo di governo dell’Unione, quella stessa Unione dove Paesi come Italia e Germania, in splendido isolamento, stanno cercando di convincere i partner ad affrontare in maniera coordinata e solidale l’emergenza profughi.
Non è possibile che la linea di divisione tra Est e Ovest — la più pericolosa al momento in Europa poichè segnata dalle divergenze sui princìpi fondanti dei Trattati — sia così marcata.
Che accanto a chi salva ogni giorno centinaia di migranti dall’annegamento nel Mediterraneo (l’Italia) e chi soltanto l’anno scorso ne ha accolti oltre un milione (la Germania), si costruiscano muri e si fomenti l’intolleranza razziale.
La sovranità nazionale, invocata sempre con grande disinvoltura dallo stesso Orban, ma anche dalla nuova leadership polacca, non autorizza linguaggi e gesti estremi, soprattutto in nome dell’identità e delle radici cristiane dell’Europa.
L’Ungheria ha già costruito un muro ai suoi confini e aggiungere parole come «deportazione» e «rastrellamenti» alla retorica nazionalista può solo allontanarla idealmente — ed è già grave — dall’Europa
Nel frattempo cinque Paesi del Nord hanno inviato una lettera alla Commissione chiedendole di prendere provvedimenti contro l’Ungheria per la costante «violazione delle regole».
Danimarca, Svezia, Islanda, Finlandia e Norvegia vorrebbero rimandare a Budapest tutti quei migranti che, dopo aver chiesto asilo in Ungheria, sono riusciti ad arrivare nei loro Paesi.
Così prevedono le regole di Dublino, ma Orban non ha alcuna intenzione di riprenderseli.
E per ora la Commissione non ha molta voglia di intervenire per sbrogliare la matassa. La lettera indirizzata a Bruxelles è partita due settimane fa e dall’ufficio del commissario Avramopoulos confermano di averla ricevuta.
Dicono anche che «sicuramente ci sarà una risposta», ma temporeggiano.
A Bruxelles sanno bene che Budapest sta violando le regole, tanto che nelle scorse settimane erano arrivate pure le lamentele formali di Austria e Lussemburgo (che vuole l’espulsione di Budapest dalla Ue).
Ma il momento non è dei migliori per le tirate d’orecchie. Il 3 ottobre in Ungheria si vota per il referendum contro le quote di migranti imposte dalla Ue.
Sarà un voto pro o contro l’Europa: a Bruxelles preferiscono non gettare benzina sul fuoco.
Non capiscono che è proprio questo atteggiamento omertoso che ha permesso a Paesi il cui Pil è costituito pr il 30% dai fondi europei elargiti generosamente, di bloccare una equa distribuzione dei profughi in tutta Europa, scaricando l’onere solo su Italia e Grecia, cpme primo approdo.
E’ ora do tagliare i fondi a questi Stati canaglia capaci solo di prendere e pretendere e mai di di solidarietà
(da agenzie)
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