OTTO MARZO DI LOTTA IN BIELORUSSIA: LE PATRIOTE CORAGGIOSE RINCHIUSE IN CELLA
L’APPELLO DELLA BELARUS WOMEN’S FOUNDATION
Buon 8 marzo, Minsk, che hai rinchiuso nelle celle anguste le tue ragazze più coraggiose.
Sono Sofia Malashevich, condannata a due anni di colonia penale, arrestata durante le proteste il 30 novembre 2020. Poi c’è Hanna Vishniak. E Tatjana Lasiza, volontaria dell’ong Vesna. Segue Aleksandra Potrjasaeva, solo 21 anni.
Tra di loro c’è la giornalista Ksenia Luzkina e la filologa Irina Zlobina, addirittura accusata di aver finanziato le manifestazioni contro le autorità .
Miccia delle prime marce, le ragazze bielorusse sono state anche il materiale esplosivo delle manifestazioni che si sono susseguite per mesi ininterrotte nelle strade di tutto il Paese contro il regime di Lukashenko.
Attualmente dei 269 prigionieri politici bielorussi 39 sono donne, secondo l’ultimo report di Viasna, l’ong che si occupa di difendere gli arrestati ed è ora a sua volta sotto indagine delle autorità .
Sono a Minsk, Brest, Gomel. Multate o arrestate. Ai domiciliari, in cella o in attesa di giudizio.
Condannate per “hooliganstvo”, atti vandalici, offesa al presidente della Repubblica bielorussa, istigazioni al disordine e distruzione di beni collettivi, per l’organizzazione di marce o averne preso parte attivamente.
“Combatteremo finchè nel nostro Paese non rimarrà nemmeno più una politzakljucennaya, una prigioniera politica”. Lo chiosa via whatsapp Veronika Tsepkalo, una delle “tre fidanzate di Minsk” ed alleata della leader in esilio, l’auto-dichiaratasi presidente Sviatlana Tsikhanouskaya.
Nel lungo video della Belarus Women’s Foundation pubblicato oggi sono voci di donne quelle che si ascoltano levarsi contro le divise in balaklava, i passamontagna neri delle forze dell’ordine di Lukashenko, al potere dal 1994.
“Raccontiamo la storia di ognuna di loro perchè il numero di arrestate cresce ogni giorno e perchè sono detenute per ragioni false o sbagliate” dice la Tsepkalo. Nel video realizzato dalla dissidente ogni prigioniera politica elenca in ordine: data d’arresto, luogo di detenzione, sentenza. Sono i dati della loro nuova identità : ieri erano studentesse, professoresse, mogli, casalinghe, semplici cittadine. Sono oggi combattenti, a volte per missione scelta, altre per conseguenza involontaria della decisione di cambiare il loro destino e quello del Paese.
Nella rosa delle detenute i volti più noti sono quelli più giovani: Katsiaryna Andreyeva, 27 anni, e Darya Chultsova, 23, – giornaliste che hanno seguito e riportato dalle proteste della Capitale -, sono state arrestate il 15 novembre scorso dopo l’accusa kafkiana contenuta nella sentenza del procuratore statale: “il loro crimine è stato commesso con l’aiuto di telefoni cellulari, videocamere, un treppiedi e un giubbotto con sopra la scritta press”, stampa.
Qualche giorno dopo di loro è stata ammanettata Katsyaryna Barysevich, reporter fermata per aver scritto, contraddicendo la versione ufficiale delle divise, un articolo su Raman Bandarenka, morto in seguito alle percosse ricevute dalle forze dell’ordine.
Adesso c’è silenzio per le strade bielorusse, ma è solo battaglia con un altro volto, guerra con un altro nome: sono migliaia gli arrestati che rimangono chiusi in galera insieme a volontarie dei diritti umani e attiviste.
Delle donne ribelli una sola ha varcato la soglia d’uscita del carcere, Julia Mickiewicz, del Consiglio di coordinamento dell’opposizione, e ha detto: “le condizioni delle prigioni bielorusse non sono molto diverse da quelle dell’era sovietica, il sistema è basato su tortura e violenza, fisica e psicologica”.
Tacciate di non essere brave madri o mogli, hanno deciso di opporsi al regime perchè dall’estate scorsa ogni giorno è l′8 marzo per le ragazze di Minsk: “combattere Lukashenko vuol dire anche combattere il sistema del patriarcato”.
(da “Huffingtonpost”)
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