PARVENZA DI GIUSTIZIA PER MARTINA: DOPO 11 ANNI CONDANNATI A TRE ANNI I DUE SOGGETTI PER TENTATA VIOLENZA DI GRUPPO
LA SOFFERTA VOLONTA’ DEI GENITORI DELLA RAGAZZA GENOVESE HA VINTO, ANCHE SE GRAZIE ALLA PRESCRIZIONE I DUE NON ANDRANNO MAI IN GALERA…. PER SFUGGIRE ALLA VIOLENZA LA RAGAZZA PRECIPITO’ DAL BALCONE
La corte di appello di Firenze ha condannato a 3 anni ciascuno Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, imputati nel processo bis di secondo grado sul caso della morte di Martina Rossi, la studentessa 23enne deceduta il 3 agosto 2011 precipitando da un balcone dove era in vacanza a Palma di Maiorca, in Spagna.
I due imputati sono stati condannati per tentata violenza sessuale di gruppo. Per la giustizia, i due hanno dunque cercato di violentare la ragazza causandone la morte, come affermato nel 2018 dalla sentenza di primo grado del tribunale di Arezzo. Accolte le richieste dell’accusa. Il pg Luigi Bocciolini aveva chiesto per loro tre anni di reclusione, dopo che l’accusa di morte in conseguenza di altro reato è andata prescritta. “Esprimo soddisfazione per il provvedimento emesso dalla Corte d’Appello di Firenze, che è in linea con la sentenza di condanna di primo grado e con il pronunciamento della Cassazione e al tempo stesso in linea con la realtà dei fatti. E’ stata riconosciuta la colpevolezza piena degli imputati”, è stato il primo commento dell’avvocato Stefano Savi, legale dei genitori di Martina.
Il padre: “Oggi il sole è andato ai giusti”
“Dicono che il sole vada ai belli ma oggi è andato anche ai giusti. Questa è la fine di un tentativo di fare del nuovo male a Martina. Ci hanno provato ma non ci sono riusciti. Il mio primo pensiero è andato a lei, ai suoi valori, a lei che non ha fatto niente e ha perso la vita”. Così Bruno Rossi, padre della ventenne genovese Martina Rossi, commenta la sentenza bis della corte di appello di Firenze. I due imputati “hanno avuto tre anni di prigione per aver fatto male a Martina. Occorre rivedere il rapporto fra giustizia e pena”, ha anche detto Bruno Rossi, inoltre “le donne devono essere più tutelate”. Per il padre di Martina “in questi processi chi ci rimette sono sempre i poveri. Se non fossimo stati economicamente all’altezza, non avremmo potuto fare un processo lungo 10 anni”.
La vicenda
Era la notte tra il 2 e il 3 agosto del 2011. Martina Rossi, in vacanza a Palma di Maiorca con le amiche, salì in camera dei due giovani perché nella sua stanza le coetanee erano in compagnia degli altri della comitiva di aretini. All’alba Martina precipitò dal balcone della stanza di Vanneschi e Albertoni. Secondo la ricostruzione della procura, Martina cercava di scavalcare il parapetto del balcone per mettersi in salvo sul terrazzo della stanza accanto. Dopo indagini in Spagna, dove il caso fu archiviato frettolosamente come suicidio, i genitori di Martina Bruno Rossi e Franca Murialdo hanno lottato a lungo per far riaprire l’inchiesta in Italia.
La pronuncia di primo grado del tribunale di Arezzo è arrivata solo nel 2018, con la condanna di Vanneschi e Albertoni a 6 anni ciascuno per i reati di tentata violenza sessuale di gruppo e morte in conseguenza di altro reato. Due anni dopo, nel 2020, la caduta del reato più pesante, quello di morte in conseguenza di altro reato, per avvenuta prescrizione, e l’assoluzione in appello da entrambi i capi di imputazione sia per Vanneschi che per Albertoni. Decisione bocciata tre mesi fa dalla Cassazione, che ha ordinato un nuovo processo d’appello a Firenze parlando di “incompletezza, manifesta illogicità e contraddittorietà” della sentenza, “priva di una visione sistematica dell’intero quadro istruttorio”.
(da La Repubblica”)
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