PD, LEGA E FORZA ITALIA SALVANO ALBERTINI DAL PROCESSO PER CALUNNIA A PM ROBLEDO
LA GIUNTA PER LE IMMUNITA’ E L’AIUTINO ALL’EX SINDACO DI MILANO: “COMPORTAMENTO INSINDACABILE IN QUANTO SENATORE ANCHE SE NON LO ERA ANCORA”
“Insindacabile”, anche se quando ha accusato il magistrato Alfredo Robledo l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini non era ancora senatore.
Alla fine l’ha spuntata proprio lui, l’esponente alfaniano, che alla maggioranza ha posto un aut aut: “O mi date l’insindacabilità oppure io non voto più con voi”
Nella Giunta per le autorizzazioni di palazzo Madama, alle otto di sera, va in scena il voto che salva Albertini, già condannato a Brescia per calunnia, e che realizza una singolare alleanza tra Pd e centrodestra.
Il comportamento dell’ex sindaco non era “sindacabile” in quanto senatore, anche se senatore in effetti non era, visto che i fatti sono del 2012 e lui è entrato a palazzo Madama l’anno dopo.
Lo teorizza la relatrice del Pd Rosanna Filippin, che ipotizza per Albertini una sorta di scudo perenne, in quanto da senatore ha ripetuto molte volte le sue accuse contro l’ex procuratore aggiunto di Milano Robledo, accusato sostanzialmente di perseguitare con varie inchieste giudiziarie la sua giunta.
Alla fine votano assieme il centrodestra, Forza Italia, Lega, Ncd e il socialista Buemi, ma anche tutto il Pd presente.
Si oppongono M5S e il senatore Felice Casson. Due assenti tra i Dem, l’ex relatore Giorgio Pagliari, che invece era contrario all’insindacabilità e per questo ha dovuto farsi da parte, e Doris Lo Moro.
Casson lascia la seduta visibilmente furibondo: “Stasera la Giunta per le autorizzazioni ha raggiunto il livello più basso immaginabile, e mai raggiunto prima. Con il voto su Albertini e la concessione dell’insindacabilità è stato clamorosamente disapplicato l’articolo 68 della Costituzione (che regola appunto la protezione per i parlamentari, ndr.). All’ex sindaco è stata garantita una copertura nonostante i fatti e le carte giudiziarie parlino chiaro, visto che il capo di imputazione per Albertini chiarisce che le accuse rivolte al magistrato milanese risalgono al 2012, quando non era ancora parlamentare”.
Inutilmente Casson ha chiesto alla Giunta e alla relatrice Filippin di acquisire la documentazione giudiziaria sulla querelle Albertini-Robledo.
Lo stesso Robledo, difeso dall’avvocato milanese Caterina Malavenda, ha inviato documenti alla Giunta, che però sono stati respinti
Ha prevalso un nuovo teorema in materia di concessione dell’insindacabilità .
Una sorta di scudo perenne. A costruirlo proprio il Pd che si è trovato alle strette per le rimostranze di Albertini, in una situazione politica, come quella del Senato, in cui notoriamente i numeri in aula sono sempre in bilico per la maggioranza.
Per questo, sul caso Albertini, il Pd improvvisamente cambia fronte.
Il primo relatore Pagliari si pronuncia contro l’insindacabilità , forte anche del no del Parlamento europeo che, mentre Albertini era a Strasburgo, gli aveva già negato lo scudo proprio in quanto la sua polemica con Robledo era legata alla sua attività di sindaco, e non a quella di parlamentare.
Albertini protesta e fa capire che voterà contro la maggioranza. A questo punto il Pd cambia idea. Pagliari è costretto a lasciare, gli subentra Filippin, che invece teorizza lo scudo totale.
In Giunta si arriva al paradosso che Forza Italia, con Bruno Alicata, accusa i senatori Democratici di comportarsi in modo ondivago, a seconda dell’interesse politico.
“Pur in presenza di comportamenti simili, voi salvate quelli che stanno dalla vostra parte come Albertini e che vi fa comodo salvare, mentre date l’autorizzazione per gli altri, com’è accaduto per Giovanardi”.
Niente da fare, le accuse forziste non fanno breccia, il Pd va avanti e vota. Albertini è salvo grazie al cartello Pd, Fi, Ncd, la leghista Stefani, il socialista Buemi.
Il presidente della Giunta Dario Stefà no, com’è prassi, non ha votato. Contro Casson e M5S. Adesso tutto passa in aula dove, col voto segreto, sicuramente Albertini conquisterà definitivamente lo scudo.
(da “La Repubblica”)
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