PDL TERREMOTATO E SULL’ORLO DELLA SCISSIONE: “ORA CROLLA TUTTO, IL PARTITO NON ESISTE PIU'”
L’IRA DI BERLSCONI… I BIG TERRORIZZATI DAL POSSIBILE EFFETTO A CATENA SULLE REGIONI
Dopo il terremoto Lazio, l’effetto tsunami spazza via quel che resta del Pdl.
Silvio Berlusconi è il primo a rendersene conto nelle ore che hanno funestato il suo lunedì nero. «Qui crolla tutto, rischiamo di passare per il partito dei ladri e del marcio, di finire sotto le macerie. Vanno cacciati tutti, si cambia, e stavolta come dico io: volti e nomi nuovi ovunque. Il Popolo della libertà non esiste più».
Il vento dell’antipolitica che minaccia di spazzare via loro, prima e più degli altri, è l’incubo che lo attanaglia.
Amareggiato, avvilito, furibondo, a metà strada tra la voglia d i mollare tutto e la consapevolezza che senza di lui tutto finisce a picco.
Il Cavaliere ha assistito dal ritiro di Arcore alla porta in faccia sbattuta dalla governatrice dimissionaria.
Nell’ultima, breve telefonata con la Polverini non ha nemmeno tentato di convincerla, «la situazione era chiara già dall’incontro con Monti della sera precedente» spiega il portavoce Paolo Bonaiuti.
Nelle stesse ore che hanno preceduto le dimissioni, la fidata Alessandra Ghisleri consegnava gli ultimi rilevamenti settimanali aggiornati alla luce degli scandali più recenti: relegano il Pdl di nuovo, pur se di poco, al di sotto del 20 per cento.
È il preludio della deflagrazione.
Gli ex An La Russa e Gasparri e il drappello di parlamentari che li seguono sono a questo punto ancor più col piede fuori dal partito.
Pronti semmai a federarsi con la nuova creatura politica alla quale Berlusconi darà vita.
Da qui a qualche settimana, «comunque prima delle elezioni siciliane del 28 ottobre» racconta chi ha parlato con lui quando è apparso chiaro l’esito della partita a Roma.
Il partito non esiste già più e del suo establishment resterà poco.
«Non sono riusciti a evitare questo disastro, sono buoni solo a litigare tra loro, senza di me sono finiti» tuona il leader di un Pdl in cui le frane sono ormai molteplici.
In cui anche un fedelissimo come Franco Frattini, nel pieno del caos, si può sbilanciare fino a definire «vergognosa» la candidatura di Nicole Minetti.
In questo quadro, per dirla con Daniela Santanchè, «le dimissioni sono solo l’inizio».
Di qualcosa di nuovo ma anche del probabile tracollo a catena.
La Lombardia di un Roberto Formigoni sotto inchiesta e in balia degli scandali è la prima della lista.
Ma poi la Campania di Caldoro, la Calabria di Scopelliti, se i casi di malapolitica e le inchieste incalzeranno.
Proprio quello che Berlusconi vorrebbe scongiurare. Ma tutto appare terribilmente precario, visto da Palazzo Grazioli dove oggi il capo terrà un mega vertice con coordinatori e capigruppo regionali del partito.
Domani l’ufficio di presidenza per avviare la «rivoluzione». L’ennesima.
«La gente si sente impotente, i due o tre punti che può aver perso il Pdl, come il Pd, sono finiti nel bacino degli indecisi» racconta Alessandra Ghisleri di Euromedia. È su di loro che punta Berlusconi perchè, fa notare la sondaggista, «c’è la necessità di costruire un sistema nuovo».
Che intanto dovrà ripartire dalle macerie del Lazio, dove il simbolo del Pdl è associato ormai a “Batman” e ai toga-party.
Dai toni drammatici l’incontro tra la Polverini e i big del partito a Montecitorio, a ora di pranzo. Angelino Alfano, Fabrizio Cicchitto, c’è anche Gianni Letta.
«Non puoi lasciare – le intima a muso duro il segretario– così rischiamo di portare alle dimissioni anche le giunte in Campania, in Calabria. Tra sei mesi si vota, se perdiamo Lazio e Lombardia sprofondiamo». Ma sono argomenti che non toccano ormai la ex governatrice. «Avrei dovuto farlo quattro giorni fa, non ho nulla a che fare con quei ladri».
Lascia, allora, ma non abbandona la politica la Polverini sempre più vicina all’Udc di Casini, unico partito che ringrazierà nella conferenza stampa d’addio.
È proprio il leader centrista a convincerla a compiere il passo, incontrandola con Cesa e il capogruppo regionale Ciocchetti, silenti al suo fianco: «Se andassi avanti, lo faresti coi nostri consiglieri dissidenti, non so quanto ti convenga».
È con i centristi che sogna di ripartire l’ex sindacalista Ugl, per ritentare una nuova, ormai improbabile scalata alla Regione.
Più scontato per lei un seggio a Montecitorio.
Non fosse altro perchè da parte degli Udc e dell’ala cattolica del Pd è già partito un forte pressing sul ministro Andrea Riccardi.
Ipotesi che il fondatore della Comunità di Sant’Egidio esclude dichiarandosi «indisponibile, come per il Comune di Roma».
Per il momento, dicono dal Pd come dal fronte centrista già al lavoro.
È notte fonda, invece, nel centrodestra dove Berlusconi pensa a stravolgere le carte e a nomi fuori dalla politica, «alla Luisa Todini», giovane consigliere Rai.
Ma per adesso il Pdl conta solo i danni.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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