PER PUTIN LA MORTE DI ALEXEY NAVALNY È UN BOOMERANG: A UN MESE DALLE PRESIDENZIALI IN RUSSIA, RISCHIA DI ALIENARSI IL CONSENSO POPOLARE, GIÀ MINATO DA DUE ANNI DI GUERRA IN UCRAINA
DOPO ANNI DI SEVIZIE, AVVELENAMENTI E DETENZIONE RIGIDA, QUANTO POTEVA ANCORA RESISTERE IL POVERO NAVALNY?
A un mese dalle elezioni in Russia (si voterà dal 15 al 17 marzo), Vladimir Putin non poteva ritrovarsi una grana peggiore tra le mani. La morte del suo oppositore più noto, Alexei Navalny, crea a “Mad Vlad” più di un problema.
Che il Cremlino volesse il peggio per l’attivista e blogger era chiaro da anni, da quando è stato aggredito, ostracizzato, poi condannato con motivazioni risibili e infine detenuto in condizioni disumane. Ma che morisse a un mese dalle elezioni, questo no, neanche Putin poteva desiderarlo.
Le presidenziali di marzo 2024 non sono un vero scoglio per l’ex agente del Kgb fattosi zar: non è in dubbio la sua vittoria. Stravincerà, come sempre. Il punto che a lui preme è capire “come” trionferà. Ovvero con quale partecipazione popolare: quanto solido sarà il plebiscito che si vedrà riconosciuto? Quanti russi, dopo due anni di guerra in Ucraina, amano Putin e la sua leadership?
Almeno 400 mila soldati sono morti al fronte, le condizioni economiche della gente comune (nonostante il Pil russo sia in crescita) sono disastrose. Al netto della propaganda di Mosca, i cittadini patiscono disagi logistici, penuria alimentare e difficoltà nell’approvvigionamento di generi di prima necessità.
Putin, che non s’è mai preoccupato del giudizio dell’Occidente, teme quello interno, dei suoi concittadini, del suo establishment. E uccidere un russo, per quanto ufficialmente un oppositore politico, non porta bene. D’altronde se Zar Vlad avesse voluto Navalny morto l’avrebbe già sepolto da anni. Certi metodi spicci, al Cremlino, li conoscono bene.
Ora, a un passo dal voto, a Putin pesa ritrovarsi il marchio di “killer” di Navalny: d’altronde è quel che il mondo pensa. Per allontanare i sospetti, la tv “Russia Today” s’è affrettata a precisare che Navalny è morto per “un coagulo sanguigno”, una trombosi. Una versione che gli occhi di tutti suona come una giustificazione. Il primo a mordere è stato il presidente ucraino Zelensky: “Navalny è stato ucciso e Putin dovrà rendere conto dei suoi crimini”.
La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha avuto l’ingrato compito di allontanare i sospetti dal suo leader: “La reazione immediata dei leader della Nato alla morte di Navalny, sotto forma di accuse dirette contro la Russia, mostra la natura di questi Paesi. Non esiste ancora un esame forense, ma le conclusioni dell’Occidente sono già pronte”.
Anche per dribblare queste “conclusioni”, che puntano l’indice verso Putin, che il regime russo potrebbe ricorrere a un’autopsia, sotto il controllo di emissari internazionali. Un modo per dire “non l’abbiamo ucciso noi”. Forse il colpo di grazia, certo. Ma anni di persecuzioni, un attacco con la zelyonka (che gli ha causato la perdita dell’80% della vista dall’occhio destro), un tentativo di avvelenamento e un lungo periodo di detenzione disumana avevano praticamente avvizzito il povero Navalny. Il suo corpo, logorato dalle sevizie, non ha più retto. E per il Cremlino, ovviamente, è solo colpa sua.
(da agenzie)
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