PERCHE’ PFIZER, MODERNA E I VACCINI MRNA HANNO UNA MARCIA IN PIU’
ADATTABILI CONTRO LE VARIANTI, FACILI DA PRODURRE, SOFISTICATI
Versatilità e adattabilità contro le varianti, facilità di produzione, meccanismo sofisticato. Nella sfida tecnologica che ha spinto il mondo scientifico e le case farmaceutiche a uno sprint inedito per contrastare la pandemia di Covid-19, la grande innovazione sembrerebbe rappresentata dai vaccini a RNA messaggero, o mRNA.
A differenza del già noto vettore virale adenovirus (su cui si basano Oxford/AstraZeneca, Johnson&Johnson, il russo Sputnik), la tecnologia a mRNA (di Moderna e Pfizer/BioNTech) segna un approccio inedito per quanto riguarda lo sviluppo dei vaccini.
Di solito nel paziente da immunizzare viene iniettato il virus (o il batterio) “indebolito”, oppure una parte di esso: il sistema immunitario riconosce “l’intruso” e produce gli anticorpi che utilizzerà quando incontrerà il vero virus.
Nel caso dei vaccini a mRNA, invece, si inoculano le “istruzioni” per produrre una particolare proteina, detta “Spike”, che è quella che il virus utilizza per attaccarsi alle cellule. La cellula genera quindi da sola la proteina estranea, che una volta riconosciuta fa attivare gli anticorpi che combattono il virus.
Al di là dell’alta efficacia, i vaccini a mRNA sono caratterizzati da una grande “versatilità”. Visto che l’mRNA contiene le informazioni per la creazione della proteina Spike, soltanto cambiando la sua sequenza sarà possibile ottenere nuovi vaccini efficaci contro le varianti del virus.
A sottolinearlo all’HuffPost è Francesco Broccolo, virologo dell’Università Milano-Bicocca: “Questa tecnologia consente in poche settimane di ridisegnare il vaccino sulla base delle mutazioni rilevate. Un aspetto vincente che ci consentirà di affrontare le sfide del futuro”.
“Tra le varie tipologie, i vaccini a RNA messaggero sono i più rapidi da ‘disegnare’ e rimodulare”, afferma Broccolo. Lo scienziato sottolinea inoltre che anche “la produzione può essere maggiore e più rapida, poiché non ha bisogno di ‘contenitori’ in cui si coltivano le cellule infettate dal virus, ma si basa su sintesi chimica. E quando si parla di pandemia, la parola d’ordine è ‘velocità’”
“Bisogna tenere conto del fatto che Pfizer e Moderna sono stati i primi vaccini a mRna prodotti al mondo: le loro piattaforme andavano ‘organizzate’. Nonostante ciò, sono stati ‘disegnati’ in maniera molto rapida: questo gioca a favore della scienza, semmai ci trovassimo a fronteggiare nuovi virus. Un aspetto da migliorare sarà però la modalità di conservazione, che per i vaccini a mRNA deve avvenire a temperature molto basse (fino a 80 gradi sotto lo zero, ndr) una criticità parzialmente risolta da Moderna (il cui vaccino resta stabile tra i 2 e gli 8 gradi Celsius per 30 giorni, ndr)”, afferma il virologo.
Insomma, una promessa per il futuro. D’altronde, l’Europa ha fatto sapere che punterà proprio sui vaccini a mRNA per il biennio 2022-2023: Bruxelles è pronta all’acquisto di ben 900 milioni di dosi efficaci anche contro le varianti di Sars-CoV-2, con un’opzione contrattuale di altri 900 milioni di fiale per l’approvvigionamento dei paesi membri. Secondo fonti europee citate da HuffPost, la Commissione Europea potrebbe firmare un nuovo contratto nei prossimi giorni con Pfizer/BioNTech, che al momento ha maggiori capacità produttive. Rimangono tra le opzioni anche Moderna e CureVac (il vaccino tedesco a Rna messaggero che potrebbe ottenere il via libera dall’Ema tra fine maggio e inizio giugno, ndr).
Intanto i pur sicuri ed efficaci vaccini ad adenovirus, a dispetto della loro facilità di conservazione e maneggevolezza, stanno pagando lo scotto dei rari eventi trombotici post-somministrazione finiti sotto la lente d’ingrandimento degli enti regolatori internazionali.
Nelle scorse settimane anomalie di coagulazione hanno portato i paesi di tutto il mondo a mettere in pausa o rivedere i loro piani per l’uso del prodotto Oxford/AstraZeneca.
E oggi sembra un déjà vu la decisione da parte degli Stati Uniti di sospendere in via precauzionale la somministrazione del vaccino monodose Johnson&Johnson, dopo aver registrato sei casi (su quasi 7 milioni di vaccinati) in cui i pazienti hanno manifestato eventi trombotici entro due settimane dall’inoculazione. Come riporta il New York Times, si tratta in tutti i casi di donne tra i 18 e i 48 anni. Una di loro è morta e una seconda è ricoverata in gravi condizioni.
La decisione della Food and Drug Administration americana giunge proprio nelle ore in cui Johnson&Johnson arriva in Italia (una prima tranche da 184 mila dosi è sbarcata oggi, 13 aprile, a Pratica di Mare)
(da Huffingtonpost)
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