PIANTEDOSI NON INTENDE FINIRE A PROCESSO COME SALVINI MA NON E’ DETTO CHE RIESCA AD ANDARE IN PENSIONE A PIEDE LIBERO
LA STRATEGIA DI DICHIARARE IL SUO “IMPEGNO UMANITARIO” E AVER FATTO SCENDERE DALLE NAVI BAMBINI, DONNE INCINTE E CHIUNQUE NECESSITI DI CURE MEDICHE
Dei 14 mesi da capo di gabinetto di Matteo Salvini ha fatto tesoro.
Badando bene a evitare gli stessi errori fatti dal leader della Lega.
Le navi umanitarie sta provando a fermarle più o meno con gli stessi strumenti di Salvini, i migranti sta cercando di tenerli lontani dal suolo italiano, ma senza correre il rischio di ritrovarsi in futuro sul banco degli imputati come il leader della Lega, ancora in attesa del verdetto dei giudici di Palermo sul caso Open Arms.
La strategia del nuovo ministro dell’Interno è stata studiata a tavolino con scelte in grado di neutralizzare eventuali interventi delle procure di turno. Tanto per cominciare: acconsentendo a far scendere dalle navi bambini, minori, donne incinte e chiunque necessiti di cure mediche, Piantedosi non solo ha affermato il suo «impegno umanitario» ma si è soprattutto messo al riparo da una possibile imputazione di omissione d’atti d’ufficio e omissione di soccorso. Le stesse accuse, per intenderci, che vennero mosse a Salvini da Luigi Patronaggio.
L’allora procuratore di Agrigento prima, ad agosto 2018, salì a bordo della Diciotti ferma a Catania; un anno dopo salì sulla Open Arms, bloccata da giorni davanti al porto di Lampedusa. Piantedosi in entrambe le inchieste era stato indagato, ma la sua posizione è sempre stata archiviata.
Stavolta l’allora capo di gabinetto del Viminale, oggi diventato ministro, ha disinnescato la miccia facendo subito scendere fragili e minori e fornendo assistenza a chi è rimasto a bordo con pasti caldi, viveri, rifornimenti.
Il massimo rischio che Piantedosi ha messo in conto è quello di un’ accusa di omissione d’atti d’ufficio per non aver ottemperato all’obbligo di assegnare alle Ong un porto di sbarco.
È l’obbligo che la legge assegna al Viminale per dichiarare concluso il salvataggio in mare di naufraghi, perché tali (stando alle convenzioni internazionali che l’Italia ha firmato) vanno considerati i migranti soccorsi.
Anche il decreto notificato alle navi umanitarie, scritto dagli uffici del Viminale e cofirmato da Difesa e Infrastrutture, è stato pensato con una struttura diversa da quella del decreto sicurezza.
Non afferma infatti la presunta «offensività» della nave umanitaria, ma si limita a dare un’autorizzazione temporanea all’ingresso in acque nazionali limitatamente al periodo che serve per l’assistenza.
E proprio sul decreto Piantedosi si incentrerà ora il braccio di ferro con le Ong, che rifiutano di lasciare il porto con le poche decine di migranti di fatto respinti dall’Italia.
Il Viminale non pensa ad azioni di forza, e confida che a risolvere l’impasse entrino in gioco altri attori. A cominciare dalla Procura di Catania notoriamente amica, che potrebbe valutare l’apertura di un fascicolo per resistenza a pubblico ufficiale nei confronti dei comandanti che disobbidiscono all’ordine impartito dalla Capitaneria di porto di tornare in mare, come il decreto prescrive.
(da La Repubblica)
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