PIU’ TASSE ALLE IMPRESE E RISCHIO RECESSIONE: L’ISTAT FA A PEZZI LA MANOVRA DEL POPOLO
“SERVE CRESCITA A + 0,4% NEL QUARTO TRIMESTRE”
L’ISTAT fa a pezzi la Manovra del Popolo. Il presidente facente funzione dell’istituto Maurizio Franzini nell’audizione sulla manovra alla Camera lanciato una serie di allarmi sulla crescita nel 2019 — mettendo così in dubbio le previsioni del governo -, sull’aumento delle tasse alle imprese e sullo scarso appeal del reddito di cittadinanza rispetto all’incremento del PIL.
Franzini ha spiegato che il mutato scenario economico potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica, in modo marginale per il 2018 ma in misura più tangibile per gli anni successivi.
Senza pronunciare la parola “recessione”, il presidente ha detto che l’indicatore anticipatore registra un’ulteriore flessione e, dunque, prelude alla persistenza di una fase di debolezza del ciclo economico.
E visto che la crescita è stata nulla nel terzo trimestre “un termini meccanici sarebbe necessaria una variazione congiunturale del Pil pari a +0,4% nel quarto trimestre dell’anno in corso per raggiungere gli obiettivi di crescita presenti nella Nota di aggiornamento al Def per il 2018”.
Non solo: l’ISTAT ha calcolato anche un aumento delle tasse per la maggioranza delle imprese a causa della Manovra del Popolo: “Nel complesso i provvedimenti” sulla tassazione delle imprese “generano una riduzione del debito di imposta Ires per il 7% delle imprese, mentre per più di un terzo tale debito risulta in aumento.
L’aggravio medio di imposta è pari al 2,1%: l’introduzione della mini-Ires (-1,7%) non compensa gli effetti dell’abrogazione dell’Ace (+2,3%) e della mancata proroga del maxi-ammortamento (+1,5%)“, secondo una serie di calcoli che erano stati già anticipati dai commercialisti.
Un altro tema che è stato toccato e quello dell’apporto del reddito di cittadinanza al Prodotto interno lordo: “Sotto l’ipotesi che il Reddito di cittadinanza corrisponda a un aumento dei trasferimenti pubblici pari a circa 9 miliardi, secondo le simulazioni effettuate il Pil registrerebbe un aumento dello 0,2% rispetto allo scenario base. Questa reattività potrebbe essere più elevata, e pari allo 0,3%, nel caso in cui si consideri l’impatto del Reddito di cittadinanza come uno shock diretto sui consumi delle famiglie”, ha detto Franzini.
“Il modello dell’ISTAT stima un incremento del Pil pari allo 0,7% in corrispondenza di un aumento della spesa pubblica pari all’1% del Prodotto interno lordo. L’effetto del beneficio sul Pil terminerebbe dopo 5 anni, quando la riduzione dell’output gap e il conseguente aumento dei prezzi annullerebbero gli effetti positivi della spesa pubblica. Gli effetti positivi di questo scenario sono raggiunti sotto l’ipotesi che nello stesso periodo non si verifichino peggioramenti delle condizioni di politica monetaria, ovvero che non ci siano aumenti dei tassi di interesse di breve termine”.
Dalla Corte dei conti sono arrivati invece rilievi sulle scelte di allocazione dei fondi. La “polarizzazione” delle risorse su “limitati interventi”, decisa dal governo per la manovra del 2019, ha evidenziato il presidente Angelo Buscema si “traduce in una carenza di risorse per affrontare nodi irrisolti e garantire un adeguato livello di servizi in comparti essenziali per la collettività “. Secondo i magistrati contabili “occorrerebbe, infine, una più incisiva azione sul fronte della razionalizzazione della spesa nelle sue componenti meno funzionali al sostegno della crescita”.
(da “NextQuotidiano”)
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