PRESSING SULLA CONSULTA, DOPPIA MOSSA PER STERILIZZARE IL “REFERENDUM CALDEROLI”
RITIRO DELLE FIRME CONTRO IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI E GERMANICUM PER RIFORMARE LA LEGGE ELETTORALE
Le coincidenze, in politica, raramente esistono. C’è una logica nelle cose.
In questo caso la logica che unisce fatti, apparentemente, senza un nesso comune è il grande pressing sulla Corte Costituzionale, che il 15 gennaio, si riunisce per decidere l’ammissibilità del referendum abrogativo sulla legge elettorale, il cosiddetto “referendum Calderoli”.
Se la Corte darà il via libera, gli italiani voteranno per eliminare dal Rosatellum la quota proporzionale con le liste bloccate. Detta in sintesi: in caso di vittoria del sì l’Italia diventerebbe come il Regno Unito, dove si eleggono tutti parlamentari in collegi uninominali.
Bene, torniamo ai fatti, che coincidenze non sono.
Il primo, proprio oggi, è che è stato rinviato il deposito in Cassazione delle 64 firme necessarie per chiedere l’altro referendum, questa volta confermativo, sul taglio dei parlamentari.
Il senatore di Forza Italia, Andrea Cangini,, ha spiegato che “quattro parlamentari hanno chiesto di ritirare la firma, mentre altri hanno chiesto di aggiungerla”. Sarebbero otto i parlamentari di Forza Italia, che hanno cambiato idea, proprio mentre si stava chiudendo il verbale provocando così uno slittamento dei tempi (le firme dovrebbero essere depositate entro il 12).
E, nelle ore successive, è accaduto che il dubbio ha assalito un numero crescente di parlamentari che, inizialmente, avevano firmato sicuri che il referendum avrebbe allungato la legislatura.
Sempre oggi, l’altro fatto: la fumata bianca, dopo mesi di chiacchiere, sulla legge elettorale. Nero su bianco, è stata depositata alla Camera un disegno di legge che prevede un “sistema tedesco”: proporzionale con una soglia di sbarramento al 5 per cento e un diritto di tribuna per chi non lo raggiunge. Insomma, il proporzionale, ovvero l’opposto di quel che produrrebbe il referendum di quel diavolaccio di Calderoli.
Adesso la logica che li mette in fila. Che non c’entra col tema: allunga o no la vita della legislatura, argomento che è diventato negli ultimi tempi un tormentone.
La durata della legislatura non c’entra, anche perchè si è capito che dura.
C’entra una questione “tecnica” per nulla irrilevante. In parecchi si sono accorti che un referendum tira l’altro e cioè che quello sul taglio dei parlamentari potrebbe contribuire a rendere ammissibile l’altro sulla legge elettorale.
Ecco, a nessuno è venuta una crisi di coscienza a difesa del Parlamento per come è oggi, ma è scattato un allarme sulla dinamica che innesca sulla decisione della Corte. Vediamo il perchè.
Calderoli, per rispondere alla domanda sulla auto-applicabilità del suo referendum elettorale, aveva agganciato nel quesito la delega per ritagliare i collegi in seguito al taglio dei parlamentari. Delega presente nella leggina 51 del 2019.
Ha cioè detto alla Corte, detta in modo grossolano ma efficace: io non ho i collegi, ma ho la delega che vi porta ad ammettere il mio quesito. Non la meta, ma la strada che ti porta alla meta.
Il che significa questo: se nessuno chiedesse il referendum sul taglio dei parlamentari, la delega per fare i collegi partirebbe subito, prima della decisione della Corte. E morirebbe prima del referendum elettorale.
Quindi la Corte potrebbe chiudere il discorso dichiarando inammissibile il quesito sul Rosatellum. Diciamola sempre in modo grossolano: caro Calderoli, tu mi proponi di risuscitare un morto, perchè la delega è stata già usata, quindi non ti ammetto. Se invece ci sono le firme, e dunque si celebra il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, la delega è “dormiente” ma viva .
E Calderoli a quel punto non è più colui che propone di ri-suscitare un morto, ma colui che propone di svegliare un dormiente.
Conclusione: è più probabile che il 15 gennaio la Corte possa ammettere il referendum sulla legge elettorale, perchè ci sarebbero tutti i presupposti giuridici.
Non è dato sapere come e perchè in parecchi si siano accorti proprio oggi del giochetto. Forse per disattenzione o per la complessità della materia che è, al tempo stesso, un uovo di colombo politico e un rompicapo giuridico.
Sia come sia quel che sta accadendo è una pirandelliana inversione dei ruoli. Parecchi, con l’intento di azzoppare Calderoli vogliono ritirare le firme, mentre la Lega sta favorendo la raccolta, anche se non direttamente tra le truppe della Lega. Non a caso Salvini ha dichiarato “io i referendum li farei su tutto”.
Ecco il punto: il verdetto della Corte. Così come è un messaggio alla Corte la proposta di legge proporzionale depositata oggi in Parlamento.
È come dire: non c’è bisogno che ammettiate il referendum perchè la legge è in grado di farla il Parlamento, senza bisogno che venga attivato un meccanismo di supplenza, come accaduto altre volte, con la Consulta che, di fronte a un Parlamento non in grado di decidere, favorisce che si esprima in materia il corpo elettorale.
Questa la logica che spiega le coincidenza. Il tentativo di sterilizzare la decisione del 15. Perchè il quesito di Calderoli è davvero insidioso. Rappresenta l’ultima occasione di fare dell’Italia un paese maggioritario, che interpreta un sentimento diffuso e un certo spirito che nel paese c’è sin dagli storici referendum del ’92 e del ’93.
E anche all’interno della Corte non trova una palese ostilità , se non ci dovessero essere palesi ostacoli giuridici. E infatti, anche se formalmente i giudici ancora non ci hanno messo la testa, le voci informate che circolano nei Palazzi raccontano di una riflessione aperta, da parte di chi ci ha buttato un occhio.
Per completare il quadro giova ricordare che il Parlamento è sempre sovrano e in materia di legge elettorale può intervenire sia prima che dopo il referendum ma, se il quesito viene ammesso, è norma che non possa andare nella direzione opposta, a maggior ragione dopo il pronunciamento popolare.
La proposta depositata oggi è, invece, esattamente l’opposto.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply