PROFUGHI, LE RICHIESTE DELL’ITALIA: NAVI EUROPEE E CAMPI DI ACCOGLIENZA IN NORD AFRICA
OBIETTIVO COINVOLGERE FRANCIA, PORTOGALLO E SPAGNA NEI SOCCORSI: OGNUNO FARSI CARICO DI UNA QUOTA DI PROFUGHI
Nel medio periodo, una manciata di mesi, campi di accoglienza profughi in Tunisia, Egitto e Marocco con la supervisione delle Nazioni Unite e finanziati dalla Comunità europea. Nell’immediato, navi europee, gestite dall’agenzia europea Frontex, in servizio di pattugliamento e soccorso nel Mediterraneo che poi dovranno garantire assistenza nei rispettivi paesi. Ovverosia, se il recupero lo fa una nave spagnola, la prima assistenza sarà garantita in Spagna. E così via in Francia, Portogallo. Sembra già escluso a priori il coinvolgimento di Malta e Cipro in passato spesso causa di drammatici fraintendimenti.
Sono i due dossier usciti dalla riunione tecnica tra gli sherpa di Frontex e i rappresentanti del Dipartimento dell’Immigrazione del ministero dell’Interno per cercare di condividere, a livello europeo ma anche internazionale (sullo sfondo si muovono le Nazioni Unite), l’esodo biblico, inarrestabile e drammatico dall’Africa e dal Medioriente verso l’Europa.
Cinque ore di discussione e confronto che prenderanno forma politica domani a Bruxelles quando al tavolo ci saranno il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il commissario europeo Cecilia Malmstrom.
“Vediamo cosa ci chiede l’Italia, di cosa ha bisogno” è stato il presupposto dell’incontro. Presupposto che ha un vago sapore retorico visto che le Nazioni Unite hanno stimato oggi che sono 1889 i morti nel canale di Sicilia dall’inizio dell’anno, di cui 1600 da giugno, persone, vite, storie, uomini e donne, bambini, che volevano fuggire dalle guerre e dalle persecuzioni e raggiungere l’Europa.
Anche ieri la nave Fenice ha portato a terra, a Pozzallo, 24 cadaveri tra cui sette donne e un neonato. Più di cento risultano dispersi nell’ultimo naufragio. Per non parlare della spiaggia di al Qarbouli a 50 km a est di Tripoli diventato in queste ore l’obitorio di almeno 170 cadaveri restituiti dalle maree.
Di fronte a queste notizie, alle immagini che corrono sul web, il tavolo tecnico Frontex e Viminale non ha potuto che prendere atto di una tragedia che va avanti da mesi e che il quadro geopolitico tra Siria, Iraq, Palestina, Eritrea, Somalia e la stessa Libia ormai fuori controllo non potrà che peggiorare.
Persino le Nazioni Unite hanno alzato la voce. “L’Italia non sia lasciata sola” ha detto la portavoce del Palazzo di Vetro Stefane Dujarric.
Così, con grave ritardo, l’Europa sembra voler assumere qualche responsabilità .
Le linee di intervento al momento sembrano essere due.
La prima coinvolge direttamente Frontex, l’agenzia europea nata nel 2005 per occuparsi delle frontiere europee. Frontex non ha uomini e mezzi per sostituire “Mare nostrum”, la missione italiana di recupero e salvataggio avviata un anno fa dopo la tragedia di Lampedusa (340 morti). Deve però aiutarla.
Si prevede così l’impiego nel canale di Sicilia di navi militari di altri paesi. Che oltre a soccorrere in mare dovranno anche farsi carico della prima accoglienza.
I paesi che dovrebbero aderire al progetto Frontex-plus sono Francia, Spagna e Portogallo che già dispongono di flotte.
Non è escluso che anche altri paesi si facciano poi carico in prima battuta dei profughi.
Evitando così gli ulteriori viaggi dall’Italia alla Germania, al Belgio e agli altri paesi del nord che sono già in partenza la destinazione finale di molti profughi.
Tutto questo dovrebbe alleggerire l’Italia del doppio carico: il salvataggio e poi l’accoglienza.
Sotto le regia delle Nazioni Unite, poi — e in questo senso sono di buon auspicio le parole della portavoce dell’Onu che auspica “uno sforzo internazionale” — si sta pensando a un piano di campi di accoglienza profughi in Tunisia, Egitto e Marocco.
Luoghi dove chi fugge da guerre e carestie troverà un primo centro di assistenza e soccorso per l’identificazione e, se ci sono i requisiti per lo status di rifugiato, per un’eventuale partenza con destinazione Europa o resto del mondo, dove ci sono parenti o occasioni per rifarsi una vita.
Un piano che dovrebbe almeno tagliare le gambe ai trafficanti e risparmiare vite umane.
Insomma, Italia non più attore unico e solitario dell’emergenza che d’ora in poi sarà condivisa “in termini di finanziamenti, uomini e mezzi nel bilancio dell’Unione europea”.
Questa la proposta italiana, ora dipende da cosa deciderà la Ue.
(da “Huffingtonpost”)
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