QUANDO RE GIORGIO ERA CONTRO LA RIFORMA
NEL 2005 NAPOLITANO PRONUNCIAVA UN DISCORSO IN SENATO: “NON STRAVOLGETE LA COSTITUZIONE”
Dopo Renzi, Napolitano.
Anche il Capo dello Stato si schierò, tra il 2005 e il 2006, contro la riforma costituzionale del centrodestra.
E nel novembre del 2005 pronunciò, fresco della nomina di senatore a vita, un intervento molto duro contro il progetto di Berlusconi e Bossi.
Al centro della critica il No al rafforzamento dei poteri del premier ma anche i rischi di caos istituzionale e la necessità di procedere con le più ampie maggioranze possibili.
Da allora, e poi nel corso della campagna referendaria, Napolitano tornò su questi temi e ribadì l’attaccamento alla Costituzione dei padri fondatori.
Esattamente come fanno ora gli oppositori di Renzi. Che per questo vengono duramente accusati di conservatorismo .
“Quel che anch’io giudico inaccettabile è, invece, il voler dilatare in modo abnorme i poteri del Primo Ministro, secondo uno schema che non trova l’eguale in altri modelli costituzionali europei e, più in generale, lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali, di limiti e di regole da condividere.
Quel che anch’io giudico inaccettabile è una soluzione priva di ogni razionalità del problema del Senato, con imprevedibili conseguenze sulla linearità ed efficacia del procedimento legislativo; una alterazione della fisionomia unitaria della Corte costituzionale, o, ancor più, un indebolimento dell’istituzione suprema di garanzia, la Presidenza della Repubblica, di cui tutti avremmo dovuto apprezzare l’inestimabile valore in questi anni di più duro scontro politico.
E allora, signor Presidente, onorevoli colleghi, il contrasto che ha preso corpo in Parlamento da due anni a questa parte e che si proporrà agli elettori chiamati a pronunciarsi prossimamente nel referendum confermativo non è tra passato e futuro, tra conservazione e innovazione, come si vorrebbe far credere, ma tra due antitetiche versioni della riforma dell’ordinamento della Repubblica: la prima, dominata da una logica di estrema personalizzazione della politica e del potere e da un deteriore compromesso tra calcoli di parte, a prezzo di una disarticolazione del tessuto istituzionale; la seconda, rispondente a un’idea di coerente ed efficace riassetto dei poteri e degli equilibri istituzionali nel rispetto di fondamentali principi e valori democratici. La rottura che c’è stata rispetto al metodo della paziente ricerca di una larga intesa, il ricorso alla forza dei numeri della sola maggioranza per l’approvazione di una riforma non più parziale, come nel 2001, ma globale della Parte II della Costituzione, fanno oggi apparire problematica e ardua, in prospettiva, la ripresa di un cammino costruttivo sul terreno costituzionale; un cammino che bisognerà pur riprendere, nelle forme che risulteranno possibili e più efficaci, una volta che si sia con il referendum sgombrato il campo dalla legge che ha provocato un così radicale conflitto.
Giorgio Napolitano, discorso al Senato del 15 novembre 2005
Ancoraggio costituzionale
“Un risoluto ancoraggio ai principi costituzionali non può essere scambiato per semplice conservatorismo. L’unità costituzionale è il sostrato dell’unità nazionale”.
Giorgio Napolitano, dal discorso di giuramento da presidente della Repubblica, 10 maggio 2006
Intese ma con tutti
“È ovvio che le riforme costituzionali devono essere approvate con ampie maggioranze”
Giorgio Napolitano, 12 aprile 2006.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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