“QUEI BAMBINI PRESI PER I CAPELLI, VIVI GRAZIE AI MIEI MARINAI”: INTERVISTA AL COMANDANTE DELLA NAVE “BETTICA”
SONO L’ORGOGLIO DELLA NOSTRA MARINA, HANNO SALVATO CENTINAIA DI PROFUGHI DOPO CHE IL BARCONE SI ERA ROVESCIATO: “LA SALVAGUARDIA DELLA VITA UMANA E’ SACRA”
Anche su una linea satellitare, la voce del capitano Francesco Iavazzo tradisce l’orgoglio per il suo equipaggio.
Il comandante del pattugliatore d’altura “Bettica” e i suoi uomini hanno appena concluso la giornata della missione Mare Sicuro con un bilancio non comune: 540 vite strappate al Mediterraneo, una nuova prova della solidarietà italiana verso i più sfortunati.
Comandante, com’è andata? Come avete intercettato la barca dei migranti?
«Il comando ci aveva avvertito molto presto, indicandoci il punto dove fare rotta. Abbiamo intercettato la barca attorno alle 10».
E che cosa le si è presentato davanti?
«Un peschereccio di tredici metri, chiaramente troppo affollato».
Quante persone si possono caricare su una barca del genere?
«Non so quanto sia normale, so che da quella barca abbiamo recuperato 432 persone, cioè 341 uomini, 48 donne e 43 minori. Una decina erano bambini piccolissimi, di pochi mesi. In più, abbiamo recuperato cinque salme, anche se non posso escludere che ci siano altri annegati. Più tardi, da un gommone, ne abbiamo recuperate altre 108».
Com’è avvenuta l’operazione?
«La situazione richiedeva un intervento rapido. Abbiamo calato in mare i nostri gommoni, attrezzati di motori a idrogetto proprio per situazioni come questa, così da non correre il rischio che le eliche possano ferire le persone in mare. Prima di tutto abbiamo distribuito salvagenti, poi abbiamo cominciato il trasbordo».
Chi partecipava al salvataggio?
«In situazioni come questa ognuno fa la sua parte, abbiamo personale molto qualificato e anche l’assistenza di una ostetrica esterna ».
Che si fa quando le persone arrivano a bordo?
«Li rifocilliamo, con il classico tè caldo e la coperta. Ma ancora più importante è lo screening sanitario, in caso di necessità possiamo anche evacuare via elicottero chi avesse bisogno di cure urgenti».
Poi però la barca si è rovesciata. Come mai?
«Avevamo già recuperate 240 persone, tutte le donne e i bambini, ma quelli che erano rimasti sulla barca avevano paura, non stavano fermi. Il barcone rollava, lo spostamento di peso a bordo lo rendeva ancora più instabile. E alla fine si è capovolto».
Che cosa avete fatto allora?
«Ho fatto avvicinare la nave il più possibile, a un centinaio di metri, mentre i gommoni continuavano il lavoro di recupero. Dalla nave abbiamo buttato giù qualsiasi cosa galleggiasse, salvagenti individuali o collettivi, funi. Alcuni marinai si sono buttati fra le onde per aiutare i profughi, ne hanno preso qualcuno per i capelli. E a bordo soccorrevamo chi aveva bevuto, magari dandogli l’ossigeno».
Come stanno adesso i profughi?
«Abbastanza bene, direi. Nella tragedia, abbiamo la piccola consolazione di aver salvato tutti i bambini. Ora sono lì, contenti, con in mano gli orsacchiotti che i miei marinai hanno tirato fuori chissà da dove. Ho visto una bambina piccolissima che ne stringeva uno bianco più grande di lei».
È in grado di dire la provenienza dei migranti?
«La barca era salpata con tutta probabilità dalla Libia. I passeggeri, a giudicare dall’aspetto, sembrano maghrebini o siriani. Ma a bordo non abbiamo un mediatore culturale, comunicare non è facile».
Dove li portate?
«Siamo diretti verso la Sicilia, a porto Empedocle ».
E i suoi marinai, che bilancio fanno della giornata?
«Il lavoro dei militari, dei marinai specialmente, non si fa pensando al contratto. E in mare la salvaguardia della vita umana è qualcosa di sacro».
(da “La Repubblica“)
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